Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Giuliano prese la iniziativa di pourparlers col governo francese per un nuovo accordo franco-italiano. Nel novembre del 1913, conversando col presidente del Consiglio russo, Kokovitsof, che era in Italia per ragioni 4i salute, San Giuliano gli fece la proposta "inattesa" di scambiarsi le idee per un ulteriore riavvicinamento italo-russo. D'altra parte, Sir Edward Grey, ministro degli esteri britannico, credette opportuno accontentare il governo italiano per mantenerlo amico nella Triplice Intesa; sperava che l'Italia avrebbe lasciato il Dodecaneso, se avesse ricevuto le concessioni che reclamava nell'Asia. Minore e qualche pri– vilegio nelle isole da abbandonare. Il governo francese era piu diffidente e piu restio, sebbene l'ambasciatore a Roma, Barrère, "fosse di avviso che con la pazienza e con la calma sarebbe stato possibile risalire la corrente." Il go– verno russo era anch'esso propenso a secondare la domanda italiana. Il governo di Vienna, invece, protestò. Da quanto avverrà nell'estate del 1914, si capisce che in compenso delle concessioni desiderate da Di San Giuliano nel Mediterraneo orientale, intendeva domandare libertà d'azione nella penisola balcanica. Le trattative per un accordo italo-austriaco nelle zone d'influenza nell'Asia. Minore erano ancora per via, quand~ scoppiò la guerra europea. Frattanto, sulla questione albanese, un accordo intimo e cordiale fra i governi di Vienna e di Roma non si raggiungeva mai. Di San Giuliano avrebbe desiderato una divisione del paese ip una zona d'influenza a nord, con Scutari e Durazzo, all'A~stria, e un'altra zona d'influenza italiana al sud, con Vallona. Il governo di Vienna non voleva sentir parlare di divisio– ni, perché sperava di prendersi il paese tutto per sé. In attesa di risolvere il problema, i due governi si erano impegnati a non sopraffarsi a vicenda con iniziative indipendenti e contraddittorie: le influenze acquisite dall'uno do– vevano essere compensate con influenze equivalenti concesse all'altro; era il sistema del 50% applicato all'Albania. Ma un accordo di questo genere era piu facile a conchiudere che a realizzare: come misurare le influenze? Come calcolare le equivalenze? Agenti ausiriaci ed agenti italiani in Albania fa– cevano a gara ad "acquistare influenze," cioè a distribuire danaro, quasi sem– pre in pura perdita, ai capi tribu albanesi. Gli uni e gli altri facevano sfog– gio di zelo e di furberia, cercando di grattare qualcosa sul 50% di influen– ze, che era lasciato agli altri. Finché un accordo chiaro e definitivo fra Vienna e Roma non interveniva per mettere fine a questa miserabile com– media di intrighi e di truffe reciproche, una politica incondizionatamente triplicista dell'Italia non era possibile. A Parigi, a Londra e a Pietroburgo, pensavano che i governi di Vienna e di Roma, affondando sempre piu nella questione albanese, non avrebbero trovato che materia di contrasti sempre piu gravi, da cui l'Italia sarebbe stata costretta a fare di nuovo appello all'ausilio della Triplice Intesa. Per ciò ~onsentiv~no che i due governi, i quali pretendevano di essere i piu diretti mteressati, assumessero in comune l'ufficio di organizzare il nuovo Stato au- 393 Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=