Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

' Parte terza Ma della convenzione navale del giugno 1913, il governo di Parigi ebbe ben presto notizie attraverso la corrispondenza telegrafica fra Di San Giu– liano e Bollati e D'Avarna di cui il servizio russo possedeva la chiave. Il testo della convenzione non era stato telegrafato fra Roma, Berlino e Vienna, perciò a Pietroburgo e a Parigi ne sapevano quel tanto, che se ne poteva sup– porre dagli accenni contenuti nella corrispondenza italiana. Su questi ac– cenni, le fantasie si dettero a lavorare. Il ministro degli esteri francese, Pi– chon, era convinto che si trattasse di una nuova "intesa nel Mediterraneo" fra le potenze della Triplice, che contrastava con la intesa italo-francese. Durante la guerra di Tripoli, la flotta italiana aveva occupato l'isola di Rodi e altre undici isolette vicine, che appartenevano allora alla Turchia. Nel trattato di pace italo-turco, il governo turco aveva consentito che il governo italiano conservasse quelle isole in pegno, finché il trattato non fosse stato interamente eseguito da parte della Turchia. A Parigi e a Londra, pensavano che il governo italiano volesse tenersi le isole per sempre e si dichiararono di– sposti ad impedire "con ogni mezzo," "anche a costo di una guerra," che ciò avvenisse. Il sospetto che "l'Italia fosse ritornata piu triplicista che mai" avvelenava la questione del Dodecaneso, come ogni altra questione. Con la sua politica torbida e sconclusionata, Di San Giuliano isolava l'Italia dalla Triplice Intesa, senza associarla cordialmente all'Austria. Quan– to piu il governo di Roma si straniava dalla Triplice Intesa, tanto piu si inde– boliva di fronte al governo di Vienna e tanto piu incoraggiava il governo di Vienna a considerare l'Italia come una "quantité négligeable." 4. Alla vigilia della guerra europea Nell'estate del 1913 le nuvole fra Roma e Parigi si schiarirono alquan– to. Il ministro degli esteri francese, Pichon, e Tittoni, che era andato amba– sciatore italiano a Parigi nel 1910, affrontarono risolutamente il problema dei rapporti italo-francesi. Pichon domandò se nella Triplice fossero stati introdotti mutamenti, che tendessero a modificare l'equilibrio del Mediter– raneo. Tittoni negò, e dichiarò che il governo italiano intendeva continuare ad eseguire lealmente la intesa con la Francia. D'altra parte, nell'autunno del 1913, Di San Giuliano accennò a una politica di nuovi accordi coi go– verni della Triplice Intesa. Sulla fine del maggio del 1913, egli aveva doman– dato al governo tedesco che fosse riconosciuta come zona d'influenza ita– liana nell'Asia Minore, in caso di sfacelo della Turchia, "la costa fra il golfo di Cos e Mesina, con un modesto hz'nterland": Germania, Italia ed Austria-Ungheria "passando dalla semplice negativa dello statu quo ad una nuova politica di accordi positivi, avrebbero dovuto concordare un programma orientale comune, che avrebbe costituito un sicuro cemento della Triplice." Queste trattative con la Germania sembravano bene avviate. Bisognava ot– tenere il consenso· degli altri governi. Perciò nell'ottobre del 1913, Di San 392 BibliotecaGino Bianco

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