Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 essere generoso nell'utilizzare le proprie carte, e può intascare in poche ore milioni di vincite e rovinare il suo avversario, senza perder la stima né di se stesso né del suo avversario. Cosf il diplomatico non ha nessun obbligo di essere generoso nella interpretazione di un trattato: nessuno può pretendere da un trattato piu di quanto può dare la interpretazione "restrittiva" di es– so; tutto ciò che si chiede in piu di questa interpretazione "restrittiva," deve essere contrattato e pagato con vantaggi equivalenti. Ma nei limiti della inter– pretazione restrittiva, il trattato deve essere puntualmente eseguito. Nel caso delle intese con la Francia e con l'Inghilterra, queste obbligavano il governo italiano a non partecipare ad una guerra di aggressione contro le Potenze occidentali, ma non vietavano, né potevano vietare, allo Stato Maggiore ita– liano di preparare con gli Stati Maggiori della Germania e dell'Austria, quelle operazioni militari che sarebbero state necessarie nella eventualità che la Triplice Alleanza fosse costretta alla guerra da un attacco non provocato delle tre Potenze estranee all'alleanza. Si pµò, per altro, osservare che dal 1902 al 1913 gli stati maggiori della Triplice Alleanza non avevano fatto alcuno studio per preparare i piani di guerra in comune. Le ultime convenzioni militari risalivano al 1900, cioè erano anteriori alla intesa del 1902. Se gli studi furono ripresi nel 1913, questo vuol dire che c'era qualcosa di nuovo nel 1913. E questo qualcosa di nuovo - cioè un mutato orientamento nelle speranze, nei sospetti, nelle pre– cauzioni, del governo italiano - non si concilia perfettamente col fatto che le intese del 1902 con la Francia e con l'Inghilterra non erano state mai espli– citamente disdette dal governo italiano. Siffatta incompatibilità era osser– vata anche dall'ambasciatore italiano a Berlino, Bollati, e dall'ambasciatore italiano a Vienna, duca D'Avarna. . Senza volere negare o attenuare quel che di obliquo o di viscido c'è sempre nella politica del ministro Di San Giuliano, è doveroso riconoscere che c'era realmente, nel 1913, qualcosa di nuovo, che rendeva necessaria la revisione delle convenzioni militari del 1900. La guerra di Tripoli aveva de– terminato una grave crisi nella organizzazione militare italiana. Per effetto di questa crisi, lo Stato Maggiore italiano, nel dicembre del 1912, domandò che fossero rivedute le convenzioni militari del 1900, perché esso non era piu in grado, in caso di guerra, di inviare in Germania, al di là del Reno, la ter– za armata italiana. Conrad von Hotzendorf si affrettò "a constatare con sod– disfazione che egli non si era ingannato nel valutare l'amicizia italiana, de– plorando che l'Austria non avesse regolato i conti con quel vicino malsicuro, negli anni passati, come egli ne aveva proclamato a piu riprese la necessità." Ma lo Stato Maggiore tedesco non credé che fosse il caso di partecipare alla soddisfazione di Conrad. Si ebbe cosi la nuova convenzione navale del giu– gno 1913, a cui succedette una convenzione terrestre del marzo 1914. Queste convenzioni, dunque, non si possono considerare come una prova sicura di un nuovo orientamento definitivo nella politica estera italiana, né come una violazione degli obblighi di neutralità derivanti dalle intese del 1902. 391 BibliotecaGino Bianco

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