Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica -estera dell'Italia dal 1871 al 1915 che il governo italiano si associasse ad una dimostrazione navale austriaca contro il Montenegro, che non intendeva abbandonare Scutari. Di San Giu– liano era favorevole all'invito. Giolitti si oppose, cioè seguf la linea tracciata da Bissolati. Ogni dimostrazione navale - Bissolati spiegava - o finisce con uno sbarco o non fa paura. Il governo di Vienna sperava, evidentemente, che finisse con uno sbarco, e dallo sbarco poteva nascere una guerra fra l' Au– stria e la Russia: "Questo nuovo atteggiamento dell'Austria significa che in essa ha preso il sopravvento l'elemento militare; il suo invito tende a pre– giudicare la nostra libertà d'azione, e a metterci mani e piedi legati al servizio di essa"; "la Germania vuole la pace, e per.ciò è contraria alla dimostrazione navale; ma se questa avviene, vuole che ci sia anche l'Italia, per averla con sé in caso di guerra"; "se l'Austria non è sicura della nostra partecipazione, eviterà la guerra ad ogni costo." Nell'aprile del 1913, nuovo tentativo austriaco per trascinare il governo italiano in una azione navale a due. Nuovo rifiuto di Giolitti, che non vuole "lasciarsi compromettere dall'Austria in una guerra europea"; "mai, per nessuna ragione, si deve accettare un'azione italo-austriaca senza mandato in- . 1 ,, ternaz10na e. Sui primi del maggio 1913, i rapporti italo-austriaci erano diventati dif– ficilissimi. Il governo di Vienna minacciava di agire per conto proprio contro il Montenegro e contro la Serbia. Il governo italiano concentrava forze di terra e di mare a Brindisi e a Taranto per occupare Vallona, nel caso che gli austriaci avessero sconfinato. La crisi svanf a un tratto, perché re Ni– cola di Montenegro, cedendo alle pr.essioni del governo russo, abbandonò Scutari, e tolse cosf al governo di Vienna ogni pretesto per intervenire. Ma, nel luglio del 1913, nuova minaccia, che fu come la prova generale di quel che doveva accadere nell'estate del 1914. Il governo di Vienna dichiarò a Roma e a Berlino di non potere assistere inerte ad una considerevole espan– sione territoriale della Serbia, e domandò la solidarietà dell'Italia nella guerra contro la Serbia. Nuovo rifiuto italiano. La guerra con la Serbia - dichiarò il governo di Roma - non avrebbe obbligato l'Italia all'intervento, perché sa– rebbe stata una guerra non giustificata e contraria al trattato di alleanza. "L'Austria non era minacciata da nessun pericolo immediato: i pretesi even– tuali pericoli, a cui il governo di Vienna voleva ovviare con la guerr~, poteva– no essere prevenuti con mezzi diversi dalla guerra." "Se sarà necessario," disse Di San Giuliano all'ambasciatore austriaco, "vi prenderemo per la re– dingote, e vi obbligheremo a star fermi." Qualora nonostante le proteste del governo italiano, il governo di Vienna si fosse lanciato nella guerra, il go– verno italiano sarebbe rimasto neutrale. E se la guerra· alla Serbia avesse provocato l'intervento della Russia e la guerra europea, l'Italia non avrebbe riconosciuto il casus foederis. Il gover_no tedesco, nel luglio 1913, era anch'esso contrario alla politi– c_aprovocatrice del gov~rno austriaco, perché in quel momento questa poli– tica avrebbe prodotto 1immediato passaggio della Rumenia nelle file della 389 BibliotecaGino Bianco

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