Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera del/'Italia dal 1871 al 1915 Questa era la sola via pe1c-evitare lo smembramento dell'Austria– Ungheria: demolire la prevalenza dei tedeschi e dei magiari sui gruppi latini e slavi, che erano incorporati con essi nell'impero, spezzare il centralismo burocratico, che era lo strumento del predominio tedesco-magiaro, e trasfor– mare l'impero absburghese in una società di nazionalità eguali, organizzate democraticamente, confederate per la difesa comune: · una nuòva, pacifica, piu grande Svizzera nel cuore dell'Europa. Sotto la influenza della propaganda socialis~a,la propaganda irredentista andò perdendo rapidamente terreno, in Italia, nell'ultimo decennio del secolo XIX. Negli anni 1900 e 1901, il movimento irredentista era ridotto a ben poca cosa. Ma nel 1902, esso riacquistò a un tratto un nuovo vigore. La spiega– zione di questo fatto dobbiamo cercarla nella nuova politica balcanica del- 1'Austria. Il governo di Vienna accennava ad abbandonare nella questione balcanica. l'attitudine conservatrice del decennio precedente, e manovrava per aumen– tare la propria influenza in. Macedonia, e preparare una nuova espansione territoriale verso Salonicco. Poteva ripetersi, cosf, per la Macedonia quel che era ·avvenuto nel 1878 per la Bosnia-Erzegovina. Questa nuova politica austriaca apriva il problema dei compensi, che il governo italiano secondo l'art. VII della Triplice, era autorizzato a chiedere all'Austria. Ma l'accordo italo-austriaco per l'Albania, escludeva l'Albania dal gioco dei compensi: questa unica porta, per cui il governo italiano avrebbe potuto ottenere com– pensi nella penisola balcanica, era chiusa. Per conseguenza, i soli territori, in cui era possibile trovare i compensi contemplati dall'art. VII della Triplice, rimanevano i territori di frontiera fra l'Italia e l'Austria. Né il trattato della Triplice vietava al governo italiano di puntare in quella direzione: perché da quel trattato l'imperatore Francesco Giuseppe av~va ostinatamente voluto nel 1882 che fosse esclusa la reciproca guarentigia territoriale, perché Francesco Giuseppe non aveva voluto nel 1882 garantire il possesso·di Roma all'Italia, ed ecco che ora, in compenso, il governo italiano non era tenuto ad escludere i territori di frontiera austriaci dalle sue domande, nella eventualità che si discutesse di compensi. Cosf noi vediamo, nel 1902, una riviviscenza del movimento irredentista corrispondere in Italia a.Ila nuova politica balcanica del governo di Vienna. In questa nuova fase, il movimento irredentista è manifestamente secondato da una parte almeno dei governanti italiani. Dico "una parte dei governanti italiani": non dico "il governo italiano"; perché il ministro degli esteri, Prinetti, era ostile a questa procedura di contrapporre le rivendicazioni terri– toriali irredentiste alla politica espansionista del governo di Vienna. Spe– rava che i governi di Pietroburgo e di Roma, in unione con quelli di Londra e di Parigi, riuscissero a legare le mani a quello di Vienna e a mantenere nella penisola balcanica lo statu quo. Invece il re e il presidente del Con– siglio, Zanardelli, secondavano le dimostrazioni. Quando, poi, Prinetti, 363 Biblioteca Gino Bianco

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