Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 espansioni territoriali, preparandole con infiltrazioni d'influenze morali; la Russia ad altro non aspira che al mantenimento dello statu quo. In realtà, le due potenze cammina– no insieme per sorvegliarsi. Un accordo, perciò, fra i governi di Pietroburgo e di Roma per costrin– gere il governo di Vienna a rimanere contento dello statu quo balcanico, doveva riuscire facile. Negli stessi giorni, in cui i giornali annunciarono che la Triplice Allean– za sarebbe stata rinnovata, fu annunziata la visita del re d'Italia alla corte di Pietroburgo. Era questa la prima visita che il nuovo re, Vittorio Emanuele III, faceva ad una corte estera, dopo essere salito al trono. E questa prima visita non era fatta alle corti alleate di Berlino e di Vienna, ma alla corte di Pietroburgo, che poteva da un momento all'altro trovarsi a contrasto con quella di Vienna. Il re, accompagnato dal ministro degli esteri, partf per Pietroburgo, il 10 luglio 1902, due giorni dopo che era avvenuto lo scambio delle ratifiche, che rendeva definitivamente esecutivo il trattato della Triplice Alleanza. Nei colloqui col conte Lamsdorf, ministro degli esteri dello czar, Prinetti spiegò che l'Italia non poteva considerarsi estranea alle questioni bal– caniche, e non intendeva esserne tagliata fuori; ma il governo italiano non aveva nessuna aperta o segreta aspirazione di dominio, e non domandava che di contribuire alla conciliazione e alla pace. Il conte Lamsdorf si dichia– rò del tutto consenziente con Prinetti nel desiderio di conservare lo statu quo bàlcanico; e osservò che sarebbe stata utile una intesa fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Roma per il caso che avvenissero novità all'infuori e contro il comune desiderio. Ma la discussione si tenne sempre sulle generali. Non vi furono impegni precisi. I due uomini politici si scambiarono solamente l'assicurazione che nelle questioni di massima erano perfettamente d'accordo. Sul punto, che piu stava a cuore a Prinetti - la certezza che il governo di Roma sarebbe stato accettato a pari condizioni di uguaglianza nel consorzio austro-russo per la questione. balcanica - su questo punto il conte Lamsdorf evitò ogni dichiarazione. La situazione si rivelò in tutti i suoi elementi poche settimane dopo, quando cominciò a spargersi la voce che i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna si preparavano a proporre in comune al sultano un programma di riforme amministrative per la Macedonia. Prinetti incaricò l'ambasciatore italiano a Pietroburgo di proporre che all'azione austro-russa fosse associato anche il governo italiano: Si stabilirebbe cosf un principio - scriveva Prinetti - che, una volta ammesso, co– stituirebbe per l'Italia un prezioso precedente. Non dovrebbe dispiacere alla Russia di ave– re ~erza l'Italia nel téte-à-tete con l'Austria-Ungheria, sicura come può essere dell'atti– tudme conciliativa e disinteressata della nostra politica. Lamsdorf dette risposte evasive: era disposto ad informare confiden– zialmente il governo di Roma su quanto Pietroburgo e Vienna avrebbero 361 BibliotecaGino Bianco

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