Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte· terza 5. La fine della politica crispina Crispi non rifiutò di seguire la nuova via. Nella primavera del 1894 ci furono negoziati fra Parigi e Roma per un nuovo trattato di commercio ed una intesa coloniale. Ma quando si venne a stringere i nodi, Hanotaux chiese che l'Italia rompesse l'intesa con l'Inghilterra. Continuava nei circoli diri– genti francesi l'idea che l'Italia, se· voleva diventare amica della Francia, do– veva essere nemica dei nemici della Francia. Nel 1894 il vento di Parigi sof– fiava, non piu contro la Germania, ma contro l'Inghilterra, e l'Italia doveva diventare nemica dell'Inghilterra. Crispi rifiutò: abbandonare l'intesa mediterranea con l'Inghilterra, era mettersi a discrezione del governo francese. Le relazioni italo-britanniche, in questo periodo, diventarono sempre piu cordiali. Venute meno le trattative per la intesa con la Francia, Crispi nell'estate del 1895 tentò di opporsi alla denuncia, che fece il governo francese di un vecchio trattato fra l'Italia e la Reggenza di Tunisi, che assicurava speciali privilegi agli italiani. Ma il governo tedesco dichiarò che questa denuncia non alterava lo statu quo "territoriale" dell'Africa settentrionale, e quindi non aveva alcun obbligo di appoggiare l'Italia nelle sue contestazioni. Quanto al governo di' Vienna, esso non aveva nessun impegno con l'Italia per le que– stioni dell'Africa settentrionale, e si accordò senz'altro con la Francia "sen– za né prevenirne né informarne il governo italiano." Frattanto l'Italia doveva sostenere in Africa una lunga, penosa, dispen– diosa guerriglia con l'Abissinia. Nel dicembre del 1895, la guerra assumeva a un tratto proporzioni imprevedute. Crispi non era un uomo da tirarsi in– dietro. E si lasciò trascinare dalle autorità militari in una fra le piu insensate avventure coloniali, che la storia del secolo XIX registri. Le operazioni militari contro l'Abissinia erano rese malagevoli dalla. circostanza che dovevano svilupparsi a grande distanza dall'unica base di ope– razione, che era costituita dal porto di Massaua. Per riparare a questa grande inferiorità, lo Stato Maggiore italiano ebbe un'idea ancora piu pazza, di quella che aveva avuto intrigandosi in quell'avventura. Pensò di minacciare l'Abissinia con un'altra spedizione che, sbarcando a Zeila, avrebbe assalito l'Harrar. 1 Zeila apparteneva all'Inghilterra. Crispi domandò a Lord Salisbury il permesso di transito per le truppe italiane. L'ambasciatore tedesco a Londra insisteva vivamente presso Salisbury perché accettasse la domanda italiana. Salisbury rispose offrendo al governo tedesco un accordo per offrire all'Italia la Tripolitania e l'Albania, e consolarla cosf delle delusioni che provava in. Abissinia. Questo gioco di proposte e controproposte lo si capisce assai bene, quando si rifletta che, se le truppe italiane fossero sbarcate a Zeila, non avrebbero potuto raggiungere l'Harrar senza attraversare il territorio che il gove;no di Parigi rivendicava come zona d'influenza francese e Lord Salisbu– ry, concedendo alle truppe italiane il permesso di transito per Zeila, avrebbe 342 BibliotecaGino Bianco

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