Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 3. La politica del marchese Di Rudini Successe a Francesco Crispi il marchese Di RudinL Questi era convinto che le cordiali relazioni coll'Inghilterra e la intesa mediterranea del 1887 dovevano essere "il caposaldo della politica estera dell'Italia." Riprese, perciò, il negoziato interrotto da Crispi per delimitare la colonia di Massaua, e accettò la formula proposta dal governo inglese per Cassala. Nello stesso tempo, Rudin1 era fermamente convinto che l'Italia non avrebbe trovato nessuna utilità ad uscire dalla Triplice Alleanza alla sca– denza del trattato, cioè nel maggio del 1892. Rifiutandosi di rinnovare il trattato, il governo italiano avrebbe provocato il risentimento e le rappre– saglie degli antichi alleati, e per tutelarsi contro queste rappresaglie, sarebbe stato costretto ad "elemosinare" l'alleanza della Francia, come nel 1882 i suoi predecessori avevano dovuto "elemosinare" l'alleanza austro-germanica. Né era da aspettare che il governo di Parigi sarebbe stato oggi piu generoso, che non fossero stati nel 1882 i governi di Berlino e di Vienna, nello sfruttare la difficoltà, in cui l'Italia si sarebbe messa abbandonando la Triplice Alleanza. I Il sistema della Triplice, invece, quale era stato completato e migliorato da Robilant, garantiva l'Italia contro ogni sorpresa tanto da parte dell'Austria nella questione balcanica, quanto da parte della Francia nell'Africa setten– trionale, assicurava l'Italia contro le ostilità degli imperi centrali nella que– stione romana, e obbligava alla prudenza il governo francese nei suoi rapporti con l'Italia. D'altra parte, era quello un periodo di intimità perfetta fra l'Inghilterra e la Germania e l'Austria. Lord Sali•sbury, pur applicandosi in tutti i modi a ridurre la superficie di attrito fra l'Inghilterra e la Francia, desiderava che la Triplice rimanesse salda, specialmente in vista di una alleanza franco– russa, che appariva sempre piu probabile. In queste condizioni Di Rudin1, se avesse abbandonato la Triplice, si sarebbe alienato anche il governo in– glese. Finché rimaneva solida l'amicizia fra l'Inghilterra e gli imperi cen– trali, l'Italia aveva tutto da perdere staccandosi dal sistema anglo-tedesco– austriaco, e nulla da guadagnare mettendosi alla mercé della Francia. Solamente, Di Rudinf, pur intendendo rinnovare la Triplice, intendeva anche migliorarne il funzionamento. Voleva seguire di fronte alla Francia una tattica analoga a quella di Salisbury: appoggiarsi alla Triplice non per litigare con il governo francese, ma per preparare con esso rapporti pacifici senza subirne la prepotenza. Perciò abbandonò immediatamente le pose gladiatorie di Crispi, e si adoperò meglio che poteva per assicurare i governanti francesi che la Triplice Alleanza non aveva nessun proposito aggressivo contro la Francia. Se Crispi aveva praticato l'alleanza con spirito ostile, altri avrebbero potuto praticarla con spirito amichevole. L'Italia poteva benissimo rimanere nella 337 BibliotecaGino Bianco

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