Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza menghi-Crispi, risolverebbe definitivamente il problema, perché dice: "Il mio libercolo per la conciliazione, non letto, ha incontrato i desideri del Vati– cano." Ma lo stesso Palamenghi-Crispi pubblicava la stessa lettera, nel Corriere della Sera del 7 agosto 1911, a corredo dell'articolo: Un tentativo di conciliazione durante il Pontificato di Leone XIII. In questo testo del 1911, le parole non letto non compaiono; e l'editore afferma che "a dimostrare l'a– nimo del Papa, il Tosti pose sotto gli occhi del ministro [Crispi] le bozze di stampa di un opuscolo scritto da lui per ordine del papa medesimo e da questi letto ed approvato." Qual è il testo autentico? Quello pubblicato nel 1911, o quello pubblicato nel 1924? Le parole non letto furono espunte dal testo del 1911, oppure sono state inte_rpolate nel testo del 1924? Contro la mia ipotesi il signor Palamenghi-Crispi protestò con una lettera pubblicata nel Tempo di Roma, 9 maggio 1920. Chiar. Signor Direttore, "" Il Prof. Gaetano Salvemini in un suo libercolo (Edit. La Voce) che reca sul fron– tespizio La politica estera di Francesco Crispi, ed è una rifrittura purgata di alquante strampalerie già pubblicate nella Rivista delle nazioni latine (fascicoli m.aggio-giugno 1918), non soltanto ha scritto che "occorre diffidare molto dei testi crispini quali sono stati pubblicati (da me) allorché si tratta di argomenti irredentisti," ma mi ha addirittura ac– cusato di un falso. Nel mio volume Politica Estera ho trascritto dal manoscritto di Crispi gli appunti di un colloquio che questi ebbe nel 1877 a Budapest col conte Andrassy. Crispi in t,m punto, riferendo sommariamente una sua risposta all'uomo di Stato austro– ungarico, scriveva: "Attaccheremo; ci difenderemmo se fossimo attaccati. Quando l'in– dipendenza e la libertà di un paese furono acquistate con sacrifici, chi li ha fatti cotesti sacrifici non può con audaci avventure mettere in pericolo i beni raggiunti, Fiume, ridicola imputazione; i porti sono sbocchi necessari al commercio; chi li ha, deve possedere il territorio donde vengono i prodotti. Di Fiume che potremmo farcene?" Erano, ripeto, appunti che certamente Crispi avrebbe completati, e sviluppati se avesse voluto pubblicarli lui, e che io non mi sono arbitrato di alterare; ed è evidente che con le parole accennanti a Fiume aveva risposto ad un'osservazione analoga prece– dentemente fattagli dall'Andrassy. Ora che cosa ha fatto il Salvemini? Ritrascrivendo quel brano (a p. 25) egli sostituisce Trieste a Fiume, per comodità di polemica, per poter dire che Crispi era pronto a tutte le rinunzie, e con una faccia fresca mai veduta confessa in una nota l'alterazione scrivendo: "Il testo dei diari, quale è stato pubblicato dal Palamenghi-Crispi, mette a questo punto non Trieste, bensf Fiume. Ma noi n,on esitiamo a ritenere che il testo autentico abbia Trieste, e che la sostituzione di Fiume sia dovuta al desiderio dell'editore di attenuare l'impressione della remissività di Crispi. Andrassy aveva parlato di -Trieste e sarebbe ridi– colo che Crispi rispondesse con Fiume; né di Fiume c'era bisogno di parlare, perché nel 1877 9uesta città era assolutamente fuori del programma irredentista italiano." Non mi fermo a considerare il metodo, le deficienze e gli arzigogoli di questo storico sereno, obiettivo, che altera i testi affinché servano ai suoi preconcetti; mi limito soltanto a ribellarmi alla sopraffazione. Il ms. del diario di Francesco Crispi è depositato nel– l'Archivio della Società siciliana per la Storia Patria. Il signor Salvemini vada o mandi a Palermo a consultarlo e quando avrà constatato che la sua ipotesi è campata in aria, ritiri pubblicamente l'oltraggio fattomi. Altrimenti io gli darò qugela per diffamazione, e ci divertiremo. La ringrazio, Signor Direttore, dell'ospitalità che la sua cortesia vorrà dare alla pre– sente, e me le dichiaro Roma, 8 maggio 1920. 276 BibliotecaGino Bianco Obblig.mo T. PALAMENGHI-CRISPI

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