Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 tica. Il Ministero Cairoli-Corti, quindi, può essere biasimato dal punto di vista irredentista, solo perché non fece questa prova, di esito fosse pure incerto. Ogni altro biasimo sarebbe irragionevole: salvo che, per affermare efficacemente il principio irredentista, i governanti italiani avessero dovuto sfidare la guerra con l'Austria e mettere a rischio l'unità politica appena costituita, senza alcun vantaggio, anzi colla rovina forse definitiva, del principio che occorreva affermare. Se l'opera dei governanti italiani si vuole giudicarla da un punto di vista colonialista, - cioè dal punto di vista di chi ritiene utile o addirittura necessario al benessere economico, alla forza politica, al prestigio morale del proprio paese, il possesso di territori coloniali -, allora è evidente che i governanti italiani, del 1875-1878, furono, tutti senza eccezione, colpe– voli di essersi ipnotizzati sul Trentino, invece di afferrare le occasioni favo– revoli per lanciarsi sulla via delle imprese coloniali. Ci sono, poi, due altri possibili punti di vista: quello di chi pensa che l'Italia, uscita appena dal travaglio della unificazione politica, non era ancora capace, nel 1875-1878, di sostenere il peso di una politica colo– niale vigorosa, come fu dimostrato dalla esperienza della guerra con l' Abis– sinia nel 1895-1896; e il punto di vista di chi giudica in via assoluta inutili o addirittura dannosi i domini coloniali per un paese come l'Italia. Chi si mette da uno di questi due punti di vista - il primo era quello del ministro Corti, - approverà la politica di assoluto disinteresse c~loniale seguita da tutti i governanti italiani. Ma anche accettando questo punto di vista, non è possibile assolvere questi dalla responsabilità di non avere mai pensato ad utilizzare le opportunità offerte loro dalla crisi orientale, se non altro, per garentire lo statu quo in Tunisia, salvo a negoziare col governo francese l'abbandono dello statu quo in compenso di speciali garenzie per il com– mercio, per le imprese economiche, per la emigrazione italiana nella stessa Tunisia, quando questa fosse stata abbandonata dal governo italiano al– l'influenza politica della Francia. Quest'errore il ministro Corti lo ebbe comune con tutti gli uomini politici di allora. Tutti intendevano che lo statu quo tunisino non fosse alte– rato. Nessuno pensò a garentirlo: perché nessuno mai sospettò che i governi di Berlino e di Londra potessero accordarsi con quello di Parigi per mu– tare lo statu quo tunisino, all'insaputa del governo italiano. / 267 BibliotecaGino Bianco

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