Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al · 1915 I documenti smentiscono in pieno quasi tutte queste affermazioni. È vero, infatti, solamente che, durante la crisi del 1875-78, tutte le Potenze desideravano avere amica l'Italia in vista di una possibile guerra generale: ma si deve aggiungere che nessuna era disposta ad abbandonare per l'ami– cizia italiana l'amicizia austriaca. Ed è vero pure che il Ministero Depretis– Crispi, come del resto i predecessori e i successori, si tenne sempre in bilico fra i diversi partiti, non trovando mai una ragione per decidersi in un senso piuttosto che in un altro. Ma è falso che Bismarck abbia incoraggiato il governo italiano ad occupare nell'Adriatico, senza chiedere il permesso a nessuno, un altro territorio, che non fosse l'Albania, e che non avrebbe potuto essere che l'Istria. Era un vaneggiamento senile di Menabrea che Beaconsfield e Derby fossero disposti a sostenere il programma irredentista del governo italiano. È falso che al tempo del Ministero Depretis-Crispi le relazioni italo-austriache sieno state sincere e cordiali come non mai; che non ci fosse pericolo di far "andare in collera" i diplomatici austriaci solle– vando la questione delle frontiere austro-italiane; che a convincerli sarebbe bastata una lezione di geografia militare sulla carta dell'Adriatico fatta da un "abile parlatore." È falso che il Ministero Depretis-Crispi abbia dichiarato " · · 1 " bb. " ·d f " h " energicamente e nso utamente, a 1a gn ato ortemente c e non avrebbe permesso" al governo di Vienna l'occupazione della Bosnia, se non avesse ottenuto una rettifica dei confini italiani: il Ministero Depretis-Crispi, a somiglianza dei predecessori e dei suc~essori, si limitò a caute riserve uffi– ciose, che caddero sempre nel nulla, perché Andrassy nella sua intransigenza si trovò appoggiato prima da Pietroburgo, poi da Londra, sempre da Ber– lino. Né si vede che cosa di straordinario avrebbe potuto fare il Ministero Depretis-Crispi per ottenere i compensi irredentisti, se fosse rimasto al potere fino al Congresso di Berlino. Avrebbe, tutto al piu, nel marzo 1878, fatto quel che Cairoli e Corti non fecero: accettato l'invito a negoziare, presen– tato dal governo di Londra, e provato ancora una volta se fosse stato possi– bile condurre la diplomazia inglese ad appoggiare i desideri irredentisti ita– liani presso il Gabinetto di Vienna. Ma nulla ci assicura che il nuovo tentativo avrebbe avuto fortuna, data la intrattabilità dei governanti austriaci, e data la necessità in cui era il governo inglese di non spingerli verso la Russia irritandone le intransigenti suscettibilità. Quanto all'Albania, l'idea messa avanti dalla Riforma nel luglio e agosto 1878 - che Cairoli e Corti avrebbero dovuto occuparla, dichiarandosi pronti ad abbandonarla, non appena il governo di Vienna abbandonasse la Bosnia, o concedesse compensi all'Italia sulla frontiera italiana, - quest'idea appartiene al senno del poi: Crispi rifiutò l'Albania nei colloqui con Bismarck; nulla dimostra che il Ministero Depretis-Crispi abbia pensato a utilizzare l'Albania come pegno; alla affermazione fatta dal giornale Il Diritto nell'agosto del 1878 che durante i settanta giorni di quel Ministero dell'Albania non si sia né punto né poco parlato, la Riforma, che polemizzava col Diritto, non oppose nessuna smen- 263 BibliotecaGino Bianco

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