Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Capi'tolo quarto Dopo il Congresso di Berlind Dopo il Congresso di Berlino, le accuse piu implacabili alla insipienza di Cairoli e di Corti furono lanciate dal giornale La Rif O!"ma, di cui era ispi– ratore Francesco Crispi. L'Italia - scriveva La Riforma - all'epoca del secondo Ministero Depretis (quello di cui faceva parte Crispi, fra il dicembre 1877 ed il marzo 1878), e dopo il viaggio del– l'on. Crispi all'estero (settembre-ottobre 1877),- non solo non era politicamente isolata, ma era bene veduta da tutte le Potenze, al punto che ognuna desiderava averla amica, in vista degli avvenimenti che si andavano svolgendo. Il terreno era preparato in modo che, al momento decisivo, l'Italia, senza offendere nessun principio, senza mancare alla propria missione, poteva provvedere alla difesa e alla soddisfazione dei propri interessi (5 luglio 1878) - Giammai l'accordo fra i due governi (di Vienna e di Roma) fu cosi sincero e cordiale, come nei settanta giorni, che io partecipai all'amministrazione Depretis (dichiarazione Crispi alla Riforma, 5 luglio). Il Ministero Depretis-Crispi', senza innestare nella questione della Bosnia-Erzegovina la questione delle regioni irredente del– l'Italia, aveva posta la questione della ratifica dei confini italiani, senza la quale non era possibile che l'Italia consentisse all'occupazione austriaca della Bosnia e dell'Erzegovina (6 luglio). I nostri amici, in settanta giorni di Ministero, ristabilirono con generale soddi– sfazione quelle relazioni estere, state precedentemente turbate, e avviarono le trattative, perché l'Italia non fosse isolata al Congresso, perché la Bosnia e l'Erzegovina non fossero cedute all'Austria-Ungheria senza un convenevole compenso all'Italia, perché la questione dei confini d'Italia fosse discussa e possibilmente risolta a Berlino. La Germania e l'In- · ghilterra si erano affrettate a dar ragione al nostro governo, ed avevano consentito a trattare in linea confidenziale sulla questione dei compensi. L'Inghilterra stessa, la Russia e l'Austria-Ungheria chiedevano con insistenza eccezionale l'alleanza del nostro paese, facendo larghe e considerevoli promesse. Ecco la situazione lasciata dal Gabinetto Crispi– Depretis (13 luglio). Bastava che si fosse portata da un abile parlatore una carta dell'Adria– tico sul tavolo del Congresso, per dimostrare che la potenza, la quale possedeva già Trieste, Pola e Zara, non poteva, senza danno nostro, ottenere il possesso di Spitza e l'alto dominio sopra Antivari. Senza fare andare· in collera l'Austria, e senza fare aggrottare le ciglia al suo rappresentante, vi era il mezzo di lasciare all'Austria quanto essa voleva, pure garentendo i nostri doppi interessi, nel presente e nell'avvenire. I fatti dicono che dal momento che si acconsentiva all'Austria di allargarsi nell'Adriatico, non v'era ragione che si negasse all'Italia la occupazione provvisoria, a titolo di garanzia, della costa rimanente. È una missione di civiltà, che l'Europa ha affidato all'Austria nella Bosnia e nell'Erzegovina? Forse che l'Albania, in preda all'anarchia, non ne aveva anch'essa biso- 1 Pubblicato in La Vita delle Nazioni, a. I, n. 1, 15 marzo 1925. 261 BibliotecaGino Bianco

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