Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Ad ogni modo la neutralità portava una conseguenza necessaria: biso– gnava che gli uomini di governo evitassero ogni sospetto di solidarietà con la propaganda irredentista. Conscio di questa necessità, ed in vista di una discussione sulla politica estera, che doveva iniziarsi alla Camera 1'8 aprile, Robilant scriveva da Vienna a Corti, il 2 aprile: Piu che mai sono del tuo avviso: l'assoluta riserva, da convertirsi, ove occorresse, in una recisa neutralità, è la sola politica possibile per l'Italia. Ma tutto dipenderà dalle risposte, che -darai lunedf agli interpellanti. Ove il Gabinetto non fosse con te d'accordo, affinché esse siano esplicitamente pacifiche, e nel senso di rispettare e far rispettare i trattati cogli Stati vicini, ci troveremmo compromessi. La tua personalità ispira grande fiducia a tutta la diplomazia, ed anche al Gabinetto di Vienna, ma qui si teme che non ti riesca di far argine alla corrente del partito, che appoggia il Ministero e che non celò mai le sue aspirazioni. La discussione parlamentare dei giorni 8 e 9 aprile sembrò dissipare queste preoccupazioni. In essa, un deputato dell'estrema Sinistra repubbli– cana ed irredentista, che era allora alle prime armi parlamentari, Felice Cavallotti, propose addirittura che il governo italiano secondasse la espan– sione austriaca nella penisola balcanica, a patto che il governo di Vienna abbandonasse le terre italiane. Se l'Italia consulta l'interesse suo, se l'Italia consulta quali sono gli Stati interessati, al pari di lei, a che le condizioni della pace di Santo Stefano si modifichino, è evidente che il posto dell'Italia è segnato oggi a fianco dell'Austria e dell'Inghilterra. Una legge sto• rica in questo momento s'impone alla secolare Monarchia e la obbliga fatalmente a discen– dere il Danubio, a cercare di aprirsi innanzi da quella parte, gli orizzonti che le si vanno chiudendo dietro le spalle... Ho sott'occhio una carta di un regno slavo del sud, stam– pata non è molto a Laibach, se non erro, in una stamperia ove si stampano gli atti uf– ficiali del governo. In quella carta è riassunta l'idea di una Slavia austriaca: un forte regno slavo che comprende la Dalmazia, la Bosnia, l'Erzegovina, la Croazia turca, la Croazia austriaca e la Slavonia, la Carinzia, la Carniola, la Stiria meridionale, l'Istria e Trieste. Credo che in questo piano ci siano delle parti che mancano e delle parti che soverchino, perché esso abbraccia provincie che attendono altri destini. Ma certo, spogliato di quello che con la Slavia non c'entra, allargato di altre provincie slave (perché non credo che né alla Serbia, né ad altre piccole agglomerazioni consimili sia riserbato nei mutamenti della penisola balcanica un avvenire), quel programma rappresenta un ideale, che l'Austria ha ragione di perseguire, che le si potrebbe estendere sottomano cammin fa– cendo, e in cui l'Italia potrebbe efficacemente secondaria. Solo in un accordo cordiale, in– tero, coll'Italia, l'Austria può trovare la soddisfazione di quegli interessi, che per lei sono oggi questione di nuova vita. Buon amico, io, per conto mio, terrei anche il diavolo, purché il diavolo fosse galantuomo e mi rendesse il fatto mio. Giuseppe Mazzini era morto da sei anni, quando Cavallotti parlava cosL Se fosse stato vivo, avrebbe sconfessato il seguace infedele. Ma nella prima- les mains libres pour en sortir les mains nettes." E dal libro del Debidour il racconto è passato tutto intero in LATINUS, Italia e Tunisia, rivista "Gerarchia," febbraio 1924, p. 70. Mancini non fu mai ministro degli esteri prima del 1881; Bismarck non aspettò il 1878 per offrire la Tunisia alterna– tivamente ai governi di Parigi e di Roma; e quanto alla frase sulle "mani nette," essa fu attribuita, dal giornale francese "La Liberté," del 16 luglio 1878, al ministro degli esteri francese, Waddington, il quale, invitato dal governo inglese ad occupare la Tunisia, avrebbe rifiutato, per conservarsi "le mani nette": Blue Book, Tunis, n° 1, 1881, p. 3; DE MoiiY, Souvenirs, p. 105. 249 BibliotecaGino Bianco

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