Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dar 187,1 al 1915 È necessario ti faccia conoscere che qui è giunta raccomandazione v1v1ssimadel De Launay, affinché a Vienna si usi la piu grande circospezione. Se ti riesce parlare con Andrassy, procura di stare sulle generalità, esprimendo la nostra simpatia, ma restando nella maggiore riserva in ogni questione che possa sorgere fra i due Stati. Noi deside– riamo nella questione orientale poter procedere d'accordo. Smontato da tante esortazioni, Crispi dimentica di essere venuto giu– st'appunto per parlar "chiaro e franco." Nel colloquio col segretario gene– rale del ministero degli esteri austro-ungarico, Orczy, si comporta cos1 a modo, che Robilant, uscendo dal Gabinetto, si congratula con lui: "Ella ha detto parole d'oro. Ella non poteva parlar meglio. E ce n'era bisogno." 67 In un'intervist?- concessa ·alla Neue Freie Presse, dichiara: I Vi sono certo presso di noi uomini politici, i quali non pongono in cima dei loro desideri un'amicizia cordiale coll'Austria. Per noi però l'Austria è un baluardo contro la barbarie dell'Oriente, una muraglia contro i pericoli del Nord. ·Se l'Austria non esistesse, bisognerebbe crearla. 68 E scrive a Depretis il 15 ottobre: Qui la posizione è molto difficile. La stampa, gli uomm1 politici, il mm1stero, la corte, tutti ci sono avversi. Chi abbia creato queste antipatie, non te lo saprei dire (sic): Robilant mi diceva che gli austriaci ritengono noi causa di tutte le loro sventure. Noi potremmo essere causa e dar principio allo sfasciamento dell'impero, se insistessimo nel voler il territorio italiano, che l'impero possiede al di là delle Alpi. Cosf stando le cose, il mio primo ufficio ha dovuto essere di calmare le idee e di riconquistare all'Italia le sim– patie dei liberali austriaci. Il conte Andrassy sarà a Pesth dopo il 17... Ti assicuro che il mio contegno sarà riservato, e che non comprometterò punto la nostra politica. Il 2 ottobre, colloquio con Andrassy a Pesth. Andrassy, informato dei discorsi fatti da Crispi a Gastein e a Londra, affronta francamente il pro– blema, e parla senza riguardi: Necessità di tenersi amici - leggiamo nei Diari di Crispi - e di non turbare l'ac– cordo con esigenze praticamente non attuabili. Non sempre il principio di nazionalità è applicabile in tutti i luoghi, né è norma la lingua a stabilire la nazionalità; non si fa la politica con la grammatica. Prendetevi Trieste, se noi pur ve la dessimo, e voi non potreste starvi un giorno: sareste maledetti. Ho una nota su tale argomento, 69 che vi farei leggere, se l'avessi qui, nella quale svolgo questi concetti. E poi bisogna parlar franco: volete altre terre? ditelo: è una politica che comprendo, è questione ... Crispi' non osa accennare all'opposizione del governo italia~o nella questione della Bosnia. Si lascia trascinare sul terreno dell'irredentismo: Accordo nei principì. La lingua non è da sola argomento di nazionalità. E se noi la prendessimo a norma, dovremmo inimicarci molti Stati e far la guerra. Or, la nostra è politica di pace. Vogliamo star bene coi vicini, stabilire accordi sulla base degli interessi 67 Lettera di Crispi a Ruggero Bonghi, 7 settembre 1878 in BoNGHI, Il Congresso di Berlino, p. XVII. 68 CmALA, Pagine, I, p. 289. 69 È la solita lettera a Wimpffen del 24 maggio 1874. 231 BibliotecaGino Bianco

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