Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte tet'za e rispettare i trattati. Non attaccheremo; ci difenderemmo, se fossimo attaccati. Quando la indipendenza e la libertà di un paese furono acquistate con sacrifici, chi li ha fatti co– testi sacrifici, non pµò con audaci avventure mettere in pericolo i beni raggiunti. Trie– ste, ridicola imputazione: i porti sono sbocdri necessari al commercio: chi li ha, deve possedere il territorio donde vengono prodotti. Di Trieste che potremmo farcene? Ma Trieste non è Trento. Crispi non ha rinunciato esplicitamente a questa città. Andrassy, pur essendo rimasto nell'insieme soddisfatto, con– serva il dubbio che qualche malinteso sia rimasto a questo riguardo. Perciò l'ufficioso Fremdenblatt commentando la visita di Crispi a Vienna e a Budapest scrive chiaro e tondo: Quand'anche lo sviluppo della questione d'Oriente ci costringesse, ciò che speria– mo non avvenga, ad accettare una estensione di territorio, non sarebbe questo per noi un motivo sufficiente per cedere agl.'italiani il nostro porto piu considerevole e il Tirolo italiano. L'Italia può rinunciare per sempre a queste idee. L'Italia può rimanere piena– mente rassicurata, purché allontani ogni idea d'ingrandimento dal lato di Trieste e del Trentino anche con mezzi pacifici. 70 . Le c9nseguenze di questo viaggio non nesc1rono certo utili alla diplo– mazia italiana. Crispi aveva àccettato da Bismarck la proposta di un'alleanza difensiva ed offensiva contro la Francia, ed erano rimasti d'accordo che da Roma sarebbero venuti a Berlino i mandati regolari. Ma i mandati non arriva– rono. Il -14 ottobre avvenivano le elezioni in Francia: il partito clericale era clamorosamente battuto: veniva meno per il governo italiano ogni ra– gione di preoccupazione almeno immediata da questa parte: meno che mai Depretis era disposto a legarsi con Bismarck senza nessuna contropartita verso Andrassy. L'impegno assunto da Crispi fu, dunque, lasciato cadere. Bismarck si vide sfuggire ancora una volta l'alleanza italiana. In Austria, i compensi alle Alpi, domandati da Crispi a Berlino e a Londra, e non completamente sconfessati a Vienna, accentuarono i sospetti verso la politica italiana, e rialzarono il pregio della solidarietà incondi– zionata, di cui Bismarck aveva dato prova ad Andrassy anche in questa circostanza. In Francia, la notizia dei colloqui di Crispi con Bismarck, un banchetto dato a Crispi in Berlino da circa settanta deputati del Reichstag, i discorsi fatti in questo banchetto, le dichiarazioni di Crispi ai giornalisti, fecero 70 CHIALA, Pagine, I, p. 290. Nella lettera del 7 settembre 1878 a Ruggero Bonghi, volendo far credere di aver riportato nella missione presso Andrassy, non un insuccesso completo, ma un successo coi fiocchi, Crispi scriveva: "Si era rimasti che gli accordi si sarebbero presi dopo che cessata l'azione delle armi sarebbe venuto il momento dell'azione diplomatica." La verità era che Andrassy aveva invitato Crispi ad aspettare il Congresso delle Potenze per vedere il da fare, e Crispi aveva risposto che l'Italia desiderava di trovarsi allora d'accordo coll'Austria, e questo scambio di opinioni non aveva costituito nessun impegno di nessun genere. Scrivendo che si era rimasti Crispi cercava di far sorgere un equivoco. Ma Bonghi non se ne lasciò irretire, e commentò le parole di Crispi: "Rimasti con chi? Quando?... Come mai non s'è visto nessuno effetto di que– st'accordo? ... Né nelle note dei governi esteri né in quelle del nostro v'ha sentore di nessun accordo precedente di qualsiasi sorta." (pp. XXI-II) BibliotecaGino Bianco

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