Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 versa. lo ·non oso supporrè il caso che ci possa essere nemica, e vi dirò francamente che non voglio neanche preveder~ codesta eventualità. Domani dovrò trovarmi col conte An– drassy, e parlando con liti voglio in fede assicurarlo che non ho impegni con alcuno, e che gli sarò amico. Crispi insiste: Credete voi che l'Austria vi sarà' sempre amica? L'Austria non può dimenticare il passato, né può vedere di buon occhio il nuovo imperatore di Germania. Noi italiani non possiamo essere disinteressati come voi, nella soluzione della questione d'Oriente. Le voci che corrono, ci fanno temere che noi ne. saremo danneggiati. Vuolsi che la Rus– sia per assicurarsi l'amicizia dell'Austria, abbia offerto a questa la Bosnia e l'Erzegovina. Or l'Italia non potrà permettere che l'Austria occupi quel territorio. Voi lo sapete: al 1866 il regno d'Italia rimase senza frontiera dalla parte delle Alpi orientali. Se l'Austria ot– tenesse nuove provincie, le quali la rinforzassero nell'Adriatico, il nostro paese resterebbe stretto come entro una tenaglia. Voi dovreste aiutarci in questa occasione. Noi nulla vo– gliamo dagli altri. Voi dovreste domani dissuadere il conte Andrassy da ogni desiderio di conquiste nel territorio ottomano. E Bismarck con franchezza brutale: L'Austria segue una buona politica, e io devo credere che vi persisterà. L'Austria sa che noi siamo amici leali. Se mutasse, muteremmo anche noi, ed allora per conseguenza saremmo con l'Italia. Per ora nulla ci dà a credere che questo avvenga. Non cerchiamo coi sospetti di dar pretesto a che l'Austria cambi politica. La Bosnia, come tutta la que• stione orientale, non tocca gli interessi tedeschi. Del resto: se l'Austria prenderà la Bosnia, l'Italia si ·prenderà l'Albania o qualche altra terra turca nell'Adriatico. Se v'impegnaste contro l'Austria, me ne dorrebbe, ma non faremmo la guerra per questo. Il rifiuto è cosf netto, che l'insuccesso della missione non è oramai piu dubbio. Ma Crispi non vuole darsi per vinto, e finisce col dire delle sciocchezze: "Permettetemi di farvi osservare che l'unità germanica non è ancora compiuta. A voi non dispiace il territoro austriaco. Voi venite qui ogni anno, e Gastein ha per me un significato; può essere anche una predilezione ... " "Ahi no, voi v'ingannate. Io son venuto qui anche prima del 1866. Noi siamo in· teressati al mantenimento della pace. Se ci offrissero qualche provincia cattolica del- 1'Austria, la rifiuteremmo. Dovrò ripetervi che noi desideriamo che voi siate amici del• l'Austria. Nella soluzione della questione d'Oriente, si può trovare un accordo, prenden· do voi in compenso una provincia turca dell'Adriatico, qualora l'Austria prendesse la Bosnia." "Una provincia turca sull'Adriatico a noi non basta, non sapremmo che farne. Noi verso l'Oriente non abbiamo frontiere; l'Austria è al di qua delle Alpi, e può entrare nel regno quando a lei piaccia. Noi nulla vogliamo dagli altri; saremo fedeli ai trattati, . ma vogliamo essere sicuri in casa nostra. Parlatene al conte Andrassy." "No, non voglio toccare la questione della Bosnia, e molto meno quella delle vostre frontiere orientali. Io non voglio trattare argomenti che possano dispiacere al conte An· drassy, perché voglio tenermelo amico." Soggiocato da questa ciclopica incrollabilità, Crispi abbandona tutte le posizioni, in cui finora aveva tentato l'assalto. Sulla questione dei compensi 225 BibliotecaGino Bianco

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