Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza con gli irredentisti; offriva sempre l'amicizia e la cordialità italiana; ma domandava sempre il rispetto dello statu quo; e di fronte alla ipotesi che Io statu quo venisse meno, chiudeva la bocca e scantonava. Qui, non nelle sole manifestazioni irredentiste, era la radice prima del sospetto e delle ostilità. 2. La crisi dei rapporti italo-austriaci La sera del 9 agosto 1876, Robilant ed Andrassy accennarono a trattare il problema a fondo. Nei giorni precedenti, il principe Umberto e la principessa Margherita erano andati in visita alla Corte di Pietroburgo. Depretis e Melegari, seguen– do anche in questo la via già tracciata da Visconti-Venosta, tentavano cosi i primi approcci per una intesa diretta italo-russa. 18 Questo viaggio non aveva mancato di aumentare i sospetti di Francesco Giuseppe e di Andrassy. Al ritorno da Pietroburgo, i due principi, fermatisi a Vienna, furono invi– tati dall'imperatore ad un pranzo d'onore al Castello di Schonbrunn. Finito il pranzo, Robilant colse un momento, in cui Andrassy si trovava solo nel vano di una finestra, e attaccò discorso in tono scherzoso, minacciandolo di tenerlo sequestrato nella finestra finché non gli avesse dato modo di rife– rire a Roma quali fossero gl'intendimenti del governo austriaco, nella crisi orientale. Andrassy tentò dapprima di evitare la discussione; ma "una parola dopo l'altra," finf col dichiarare che dalla rivolta dell'Erzegovina e della Bosnia era impossibile aspettare alcun mutamento a profitto della Serbia. Onde meglio scandagliare il pensiero del mio nobile interlocutore, feci mostra di non intenderla cosL E risposi: - Dunque vi mantenete fedele alla conservazione dello statu quo; e devo quindi ritenere senza ombra di fondamento la voce corsa che pensate ad annettervi la Bosnia? · A questa mia uscita, il conte rimase per un momento freddamente riservato. Poi dissemi: - Sf, mantengo quel che vi ho sempre detto: non intendiamo annetterci niente, non vogliamo annetterci niente.• Robilant ignorava gli accordi di Reichstadt, che ponevano la Bosnia ' e l'Erzegovina a disposizione del governo di Vienna; ma non s1 sentiva del tutto rassicurato. Parvemi fosse opportuno mostrarmi particolarmente soddisfatto, onde invitarlo ad essere piu esplicito, dicendogli: - "che l'Italia non poteva se non compiacersi di tali propositi, non avendo essa altro miglior desiderio che la conservazione dello statu quo." Vedendosi siffattamente preso in parola, il conte restò un momento sopra pensie- . 18 ~N ITALIANO (AMADORI-VIRGILI), La storia della politica estera italiana, pp. 83-84. Anche 11 trasferimento di Costantino Nigra, avvenuto nell'autunno, dall'ambasciata di Parigi a quella di Pietroburgo, era effetto della maggiore attività che il governo di Roma voleva dare alle sue relazioni con la Russia. 206 BibliotecaGinò Bianco

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