Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza E progettava una visita alla corte russa del principe eredit~rio, Umberto, e della principessa Margherita: "questo, vi confesso, anche con una arrière pensée piu remota, della quale non giova parlare." ' Scoppiata la crisi bosniaca, l' arrz·ère pensée cominciò a farsi avanti. Finora - scriveva a Robilant, il 15 settembre - in questa vertenza orientale, ho notato una certa diversità di tendenze e di abitudini a Vienna e a Pietroburgo... Mi pare, dunque, che a Pietroburgo soprattutto bisognerà adoprarsi con tatto per partecipare al nuovo scambio di idee, che dovrà di nuovo aprirsi per fare intendere in quali condi– zioni si potrà meglio contare sul concorso dell'Italia. E il 30 gennaio 18·76: Il conte Andrassy considera la occupazione austriaca dell'Erzegovina con quel pia– cere, con cui si pensa a farsi cavare un dente. Ma malgrado questo poco diletto, si va però dal dentista. Voi convenite meco che nell'interesse nostro noi non possiamo desiderare che si ponga presto in Europa la necessità di soluzioni radicali nella questione d'Oriente. Vedo bene che cosa potrebbero prendere gli altri. Ma per quel complesso di circostanze, che voi ben conoscete, l'Italia non è ancora in misura di assicurarsi in. questo caso dei compensi, e soprattutto dei compensi che bilancino gli inconvenienti, che deriverebbero dagli ingrandimenti altrui. Lo statu quo un po' migliorato, o quello che piu somigli allo statu quo, è ciò che per ora meglio ci conviene. Ma se lo statu quo non potesse conservarsi, se le riforme non pacificassero l'Oriente, se rimedi piu decisivi fossero necessari, noi potremmo ancora acconciarci alla istituzione di autonomie piu o meno vassalle [della Turchia] o indipendenti, che costituirebbero un certo altro equilibrio, sostituito a quello che trova la sua espressione nell'impero ottomano. Ciò che meno si conviene, sono le soluzioni per mezzo di annessioni, di acquisti e di ingrandimenti territoriali da parte dei grandi Stati. È certo che se le grandi Potenze potessero convenire nello stesso principio, che quando lo statu quo non potesse piu con– servarsi, si cercherebbe di regolare una soluzione a beneficio delle autonomie locali, ognuna delle Potenze rinunciando ad ogni ingrandimento ed acquìsto suo particolare, noi potremmo intravvedere l'avvenire con maggiore sicurezza, e per la ~ace dell'Europa, e per i nostri speciali interessi. Nel tempo stesso, se la politica tedesco-magiara rappresentata dal conte Andrassy, non desidera le annessioni, pare però che meno ancora accetterebbe la formazione di autonomie slave, considerate come centro di attrazione e di agitazione per gli Slavi del Sud della monarchia. In una parola, per l'attuale Gabinetto di Vienna; le annessioni sarebbero un male minore, anzi una necessità per evitare quel maggior male. Nella scala delle preferenze, ci sarebbero le riforme, le annessioni, le autonomie. Frattanto la grande lotta in Francia fra, clericali e anticlericali si svol– geva con resultati sempre piu favorevoli agli anticlericali. Finalmen.te, que– sti conquistarono la maggioranza nelle elezioni del 30 gennaio 1876, per il Senato, e in quelle del 20 febbraio, per la .Camera dei deputati. Un ministero, non piu controllato da una maggioranza parlamentare ultramontana, saH al potere. Il pericolo di un'aggressione francese sul terreno della questione ro– mana si dissipava. La politica viscontiana del waz't and see era coronata da un successo brillante. A questo punto, una crisi della politica interna italiana eliminava 190 BibliotecaGino Bianco

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