Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Ammetto con voi, che a noi non convenga rimanere fuori, né impegnarci m un . de dupes; ma stando di fatto con la Francia e con l'Inghilterra, non c'è mezzo di ~:: cosa qualsiasi. Per no? restare entre deu~ chaises, ~onvie?e. an~are c~n gli_al~ri... Perdu: n do in questa linea d1 condotta, raccoglieremmo 1 frutti il giorno m cm s1 procedera ra 96 L'. l . l' d l'I h"l allo spartimento della torta. 1soamento, e ~egg10. ancora accor o con ng 1terra e con la Francia, non potrebbe se n_on proc1:1rarc1 danm. . , . Convengo pienamente con voi che 001 avremmo tutta convemenza acche la questione d'Oriente dorma ancora placidi sonni per dieci altri anni; ma voi converrete meco che ·ò non dipende da noi. Solo obiettivo quindi deve essere il nostro di ricavare il minor ~ 1 anno, ed anzi il maggior vantaggio da quei fatti, che a noi, come agli altri, s'impongono. Visconti-Venosta accettò questo partito, come il solo che fosse ragione– volmente praticabile. 97 Ma era un meno peggio, da cui non si aspettava nes– sun brillante resultato. Vi confesso - scriveva a Robilant il 15 settembre - che se vedo il male, non vedo cosf chiaramente il rimedio. L'accordo dei Tre Imperatori costituisce in complesso una combinazione europea che a me sembra favorevole agli interessi attuali dell'Italia: quest'accordo è una garanzia per la pace, ed è un ostacolo alle combinazioni internazionali del partito ultramontano. Ma per noi, oltre a questo attivo in Occidente, c'è un passivo in Oriente. Nelle questioni orientali l'accordo dei tre governi imperiali ha per noi il risultato di diminuire la nostra situazione in un ordine di problemi, dei quali non possiamo disinteressarci. Voglio pure ammettere che i tre governi imperiali siano disposti ad avere qualche riguardo speciale per l'Italia: ad associarsi alle loro intelligenze, ad accordarci anche, se si vuole, il primo dei secondi posti. Ma vi sarà sempre una differenza fra l'essere chiamati ad asso– ciarci agli accordi presi, e l'essere chiamati a partecipare alle discussioni preventive, da cui questi accordi debbono uscire. Questo è il male. Nel tempo stesso mi pare difficile che i tre governi imperiali vogliano modificare la forma della loro combinazione, per sostituirvi esplicitamente l'accordo a quattro con l'Italia, accentuando in modo piu grave la esclusione degli altri (Francia e Inghilterra). Per ottenere subito questo resultato, manca alla diplomazia italiana il gran punto di appoggio: la gran leva, che consiste in politica, nel bisogno assoluto, che si ha di qualcuno, e nel pericolo e nell'imbarazzo, che si può temere e col quale bisogna contare. Nella paralisi, a cui la diplomazia italiana era condannata dalla Lega dei tre imperatori, c'era per Visconti-Venosta un solo, per quanto lontano, bar– lume di speranza: che la Lega si sfasciasse per incompatibilità di program– mi fra il governo di Pietroburgo e quello di Vienna: in tal caso l'amicizia italiana sarebbe divenuta desiderabile per ciascuno degli avversari, e il go– verno di Roma avrebbe potuto negoziarla con l'uno o con l'altro. A questa e:e?tualità, Visconti-Venosta pensava già prima che scoppiassero i disor– dm1 della Bosnia Erzegovina: Io credo - scriveva il 2 luglio 1875 a Robilant - che nelle attuali condizioni del– l'Europa è per noi importante assai il curare le relazioni fra l'Italia e la Russia, relazioni che sono rimaste, a dire il vero, amiche ma alquanto sterili. 96 Corsivo nel manoscritto di Robilant. ester/\ ?ues~o momento della polit~ca estera è osservato assai bene da· UN ITALIANO, La politica Camer z adt(fnad. 1875~1~16, 71-5, coll'aiuto del Libro verde italiano; Affari d'Oriente, presentato alla a e1 eputau 11 3 marzo 1877. 189 BibliotecaGino Bianco

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