Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza e disfaceva le sue paci. Ne verrebbe fuori probabilmente un'Europa, di cui l'Occidente apparterrebbe alla Germania e l'Oriente alla Russia. Ora io credo che l'Italia è uno di quei paesi, che non possono farsi il loro posto e svolgere il proprio avvenire che in un'Europa dove esista un certo equilibrio di forze. Inoltre vi confesso che se la guerra fra la Germania e la Francia scoppiasse nelle condizioni presenti, la situazione nella quale si troverebbe l'Italia non ha per me nulla di sorridente. Sono perfettamente del vostro parere: che, in ogni modo, non ci porremmo con la Francia: sarebbe far causa comune con un disastro. Se. la guerra prendesse delle proporzioni generali, se altre potenze vi pigliassero parte, la situazione dell'Italia sarebbe piu chiara: essa dovrebbe scegliere il suo campo. Se la guerra fosse provocata dalla Francia, per un atto di follia o_ di suprema imprudenza; se la guerra scoppiasse per una questione clericale sulla quale la Francia associasse la sua causa a quella della reazione oltramontana e se ne facesse il paladino, la condizione nostra sarebbe pure piu chiara, e la nostra condotta potrebbe essere tracciata e giustificata dalla solidarietà di un interesse diretto [con la Germania]. · " . Ma potrebbe darsi che né l'uno né l'altro di questi due casi si verificasse: che la guerra rimanesse isolata fra le due Nazioni nemiche; che nessuna Potenza vi partecipasse; che la Francia non desse alcun ragionevole pretesto alla guerra; che sorgendo una que– stione clericale, il governo francese, piuttosto che andare incontro a un troppo grande pericolo, facesse ragione ad ogni reclamo giusto o ingiusto, e chinasse il capo; che, infine, la guerra scoppiasse, come minacciò di scoppiare quest'anno per un semplice partito preso e per una pura e sémplice aggressione della Germania. Quale sarebbe la nostra situazione? Da un lato non mi dissimulo gl'inconvenienti della neutralità; ma dall'altro vi confesso che proverei una ripugnanza grandissima, vedendo l'Italia associarsi sola ad una guerra non giustificata dall'opinione dell'Europa, e seguire la Germania non tanto come un'alleata quanto come uno sgherro. È questa una ragione di piu per desiderare la pace. Comprendo bene che non sarà in poter nostro il decidere degli avvenimenti europei e della condotta altrui. Frattanto io credo che noi dobbiamo continuare sempre le migliori e piu cordiali relazioni con la Germania, perché queste relazioni debbono essere la base della nostra politica estera; aste– nerci con cura da quanto possa in alcun modo turbarle; ma nel tempo stesso conservare la nostra libertà d'azione, e tenere apertamente la condotta e il linguaggio di un paese, che desidera la tranquillità d'Europa, e i cui voti e i cui interessi sono per il mante– nimento alla pace. Mentre il pericolo di guerra sembrava piu grave, in una discussione del 25 aprile 1875, il ministro degli esteri francese, Decazes prendendo al balzo, sembra, un accenno di Hohenlohe ad una. possibile "azione comune" franco– germanica, domandò in che cosa essa potesse consistere. Conforme alle idee esposte da Bismarck nella lettera del 1 O gennaio precedente, il segreta– rio per gli affari esteri tedesco, conte di Bi.ilow, che lavorava alle strette di• pendenze di Bismarck, incaricò il 30 aprile l'ambasciatore tedesco di dichia– rare al Decazes, cJie "in Africa e in Oriente gli attriti che avvenivano fra le aspirazioni tedesche e francesi, erano artificiali e indiretti, e non derivanti da un contrasto necessario fra i rispettivi bisogni politici o commerciali." An– che per quanto riguardava l'Italia e la questione romana, una intesa era de– siderabile e possibile. Anche rispetto all'Italia, non è detto che la politica tedesca debba di necessità urtarsi con la politica francese. In questo campo, piu forse che in qualunque ,altro, esiste fra Germania e Francia una rivalità nel contrastarsi l'influenza su quel governo. 184 BibliotecaGino Bianco

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