Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Emanuele incontrò Francesco Giuseppe, ed ebbe occasione di fargli una di– chiarazione di quel genere, dopo il maggio 1874, data della lettera a Wimp– ffen, una sola volta; nel convegno di Venezia dell'aprile 1875. Dunque in questo convegno, non solamente Francesco Giuseppe non fece il discorso, che gli venne attribuito tre anni dopo sulla Perseveranza; ma fece un discor– so in senso perfettamente contrario; cioè confermò le posizioni intransigenti, già stabilite nella lettera Andrassy-Wimpffen, ed ottenne che Vittorio Ema– nuele aderisse a quelle posizioni. 83 Naturalmente, non bisogna dare a quest'ad~sione del re d'Italia maggiore importanza di quella che avrebbe avuta la dichiarazione attribuita sulla Pérseveranza all'imperatore d'Austria. Le offerte, i rifiuti, le pretese, le rinuncie dei sovrani e dei diplomatici val– gono per la sola durata dei trattati, se sono consacrate in trattati a scadenza fissa; quando sono fatte a voce, durano solamente finché sussistono le situa– zioni, in cui le dichiarazioni sono state ritenute necessarie: tutti lo sanno; e tutti si regolano in conseguenza. Ma questa circostanza esclude che nel convegno di Venezia vi sia stata una promessa austriaca riguardo al Trenti– no. Su questo convegno rimangono le sole informazioni, che possiamo at- .tingere alle fonti autentiche e dalle quali risulta che diplomatici austriaci e diplomatici italiani si trovarono d'accordo su tutti i punti che presero a trat– tare; ma di fronte alla questione d'Oriente scantonarono prudentemente gli uni e gli altri. Un mese dopo, 1'11 maggio 1875, Robilant tentò schiudere a Vienna la porta, che era rimasta sprangata a Venezia. Parlando con Andrassy della probabilità di pace o di guerra, egli disse che non sarebbe l'Austria-Ungheria che avrebbe turbata la pace: - Je me suis assez expliqué à ce sujet avec Visconti. - Sf, gli risposi; ma però a proposito dell'Oriente siete stato molto riservato nelle vostre dichiarazioni. Ciò lo fece sorridere. Volle però mostrarsi meravigliato di ciò che gli dicevo; e mi rispose: - Mais pourquoi ne m'en-a-t-il pas demandé d'avantage? Je lui aurais tout dit. Nous n'avons rien à cacher. Noi vogliamo lo statu quo in Oriente. Voi siete là di un conservatorismo feroce; noi lo siamo quanto voi... Tenez; je puis vous repeter ce que j'ai dit au prince de Montenegro: nous avons déjà chez nous assez de rochers et assez de sauvages pour pouvoir desirer d' en acquerir encore. Dopo di che la porta si chiuse piu ermeticamente che mai. Il conte Andrassy, come V. E. ben sa - riferiva Robilant a Visconti-Venosta il 24 luglio 1875 - mostrossi sempre alieno dall'entrare in discorso sulla politica orientale. Una 83 Va da sé che si deve considerare destituita di qualunque base anche la notizia data nella 4 'Nuova Antologia," 1° settembre 1881, p. 24, dall'Ex-diplomatico (il marchese d' Arcais), che nel 1875 si sia parlato a Venezia di un abbandono, che avrebbe fatto il governo italiano, d'ogni pretesa irredentista, e in compenso l' Andrassy avrebbe consentito ad una rettifica militare della frontiera del Trentino. Nel 1908 il deputato Barzilai affermò alla Camera dei deputati che il governo· au– striaco, in uno dei trattati, in cui era stipulata la Triplice Alleanza, si era impegnato a cedere il Trentino, qualora avesse proceduto all'annessione della Bosnia-Erzegovina. Anche quest'affermazione fu nettamente smentita dal ministro degli Esteri, TrrTONI, Sei anni di politica estera, pp. 119-20. Insomma non esiste una sola prova, da cui possa resultare che dopo il 1870 il governo di Vienna sia stato mai disposto a una transazione col governo italiano, che potesse avere per oggetto una rettifica di frontiera nel Trentino, e meno che mai concessioni verso Trieste. 181 BibliotecaGino Bianco

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