Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 i contro dei pericoli, i quali non possono essere prossimi. Vi sarebbe stato P reservars d . d. . . . 1· . t un pericolo da temere: mentre, opo 1 gran 1 mutamenti avvenuti, tutti g i P iuttos O d' · d' · il d 'd . d ·1 . • mantengono in uno stato osservazione e 1 riserva, mentre esi eno e i Sb~atl si della pace mantiene fra tutti gli Stati un certo grado eguale di libertà d'azione isogno b' . 1· . d' . . f d p d' buoni rapporti, una com inazione po 1tica i un carattere positivo ra ue otenze e 1 bbe sollevare delle gelosie e delle inquietudini, e provocare delle altre combinazioni, potre , . h l'E . . I . , . che giova invece ~vitare, 1:1~ntre e interesse nostro c e uropa nentn a pm presto m no stato di politica conciliante. u A me pare, dunque, che il partito piu pratico fosse di mostrare una certa fiducia . noi stessi senza paure esagerate; di coltivare con animo costante una politica, che ci 10 nservasse la fiducia e la simpatia della Germania; e di mantenere nei nostri rapporti con c:esta una situazione, che quando gli interessi lo richiedessero e giungesse il momento, ~on vi fosse che da stringere il nodo. I buoni rapporti con Berlino, conosciuti e confessati, potevano ferire le suscettibilità francesi. Ma alla fine dei conti essi dovevano avere un effetto piuttosto utile nelle nostre relazioni con la Francia; che apprezzando la realtà della situazione, era anche chiamata ad apprezzare i pericoli e i danni d'una politica di ostilità verso l'Italia. L'amicizia, poi, del Gabinetto di Berlino non poteva che esserci utile e darci valore nelle nostre relazioni con l'Austria e anche con la Russia. Per tutte queste considerazioni, Visconti-Venosta manteneva bens1 le migliori e piu cordiali relazioni con la Germania; ma riservava la propria li– bertà d'azione. Cercava insomma, di seguire quella che gli inglesi chiamano la politica del "wait and see": aspettare ed osservare. Neanche quando il re d'Italia, accompagnato dal Presidente del Consi– glio e dal ministro degli esteri, andò a visitare l'imperatore di Germania a Berlino, nel settembre del 1873, i rapporti fra i due governi diventarono piu impegnativi. Risultò dalle conversazioni di quei giorni che se la Francia avesse attaccato l'Italia, la Germania sarebbe intervenuta al suo fianco; ma i diplomatici italiani non parlarono mai di un vero e proprio trattato di al– leanza, sebbene Bismarck dichiarasse di prevedere la guerra per la prossima primavera, se non avanti. 55 E Ruggero Bonghi, intimo amico di Visconti-Venosta, che un anno do– po diventava ministro della Pubblica Istruzione, commentava cos1 il viaggio a Berlino: . Non bisogna che in Francia si creda che questo sia stato il pnnc1pio o l'occasione d1 nessuna stipulazione od iniziativa contro di essa. Niente sarebbe piu falso e assurdo... Tutto ciò che l'Italia fa per impedire che il partito clericale in Francia vada durevol· mente disopra, ed illuda il paese, e lo tragga dietro di sé, giova alla Francia stessa perché serve ad impedire di crearsi per forza un nemico in chi vo"ebbe restarle amico. 56 . Un giornalista, che militava nei gruppi di Sinistra, ma sapeva apprezzare gh. uomini della Destra, piu che non rispettasse gli uomini del suo partito, scrivendo nel 1882 del Visconti•Venosta, gli attribuiva "mancanza d'inizia– tiva." Aveva forse ragione. Ma subito aggiungeva: : Cl-nAu, Pagine, I, 188, n. 1. Clu.u.A, Pagine, I, 161. 171 BibliotecaGino Bianco

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