Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal I 871 al 1915 Nel rapporto, che invia a Roma il 7 aprile su questo argomento, Robi- I t confessa che avrebbe amato meglio non gli si fosse parlato di questo an " A d ' d .d "spinoso argo~~nto : n rassy ten e~a e:1 e~te1?e~te, per quanto con odi cortesiss1m1, a promuovere da lui sp1egaz1om che repugnavano al : 0 modo di sentire la dignità del paese." Ciò non di meno, messo al muro, credetti fosse conveniente vuotar l'incidente con na dichiarazione leale ed esplicita. - Dissi che per conto mio non avevo ravvisato, : tutto ciò, che una polemica di giornali, nella quale pari era il torto da una parte come dall'altra: perché i giornali austriaci, compreso il Fremdenblatt, organo che riceve le ispi– razioni dal Ministero (locché il conte non mi negò), avevano dato all'incidente propor– zioni che non doveva avere, e quest'ultimo periodico, anzi, era andato negli eccessi, impugnando ~ià _l~ tro~~a guerri~ra, provoc~nd? cosf corrispondenti esagerazioni da .~ar~e dei nostri penod1c1. Posi m sodo il governo italiano essere assolutamente estraneo all mdi– rizzo del giornalismo di qualsiasi colore: quindi non poterne avere responsabilità di sorta. In quanto poi al~'accusa_che ben ~ape_vo _da tal~ni f~cevasi al regio g?v~rno, ~i accogliere senza disfavore 1 conati del partito italiano d1 Trieste, tenevo a dichiarargli una volta per sempre: che se l'Italia si era servita, per lo passato, per costituirsi, anche dei mezzi, di cui la si vorrebbe accusare si valga tuttora per estender le sue frontiere, quella politica era finita colle necessità, che l'avevano causata. Oggi l'Italia è, per la sua estensione, popolazione e forza, una grande Potenza; conosce gli obblighi inerenti a quella sua posi– zione, e non vi fallirà mai. - Per dovere di lealtà, per sentimento di dignità, non che per ben compreso interesse, l'Italia respinge nel modo il piu assoluto i conati del partito annes– sionista di Trieste, e non può ammettere si supponga il contrario. - Per dar maggior peso alle mie parole aggiunsi ancora: "Voi, poi, in particolare, caro conte, dovete a quest'ora conoscermi abbastanza, per essere persuaso che dopo che i nostri due sovrani suggellarono qui con una stretta di mano la pace già fatta fra i due paesi, io non sarei oggi in Vienna, dove desidero restar lungamente, se il governo, che io rappresento, inten– desse seguire verso di voi una strada tortuosa, che non armonizzasse con quel fatto.,, - Ciò io gli dissi con quell'accento di verità, da cui sono improntate le parole di chi dice ciò che fortemente sente. E che non fosse lealtà posticcia, risulta da una lettera di istruzioni al console italiano di Trieste, 4 aprile 1874 - due giorni prima del collo– quio, dunque - nella quale Robilant raccomandava vivamente al console di "respingere nel modo piu assoluto qualsiasi connivenza, anche solo appa– rente, con un partito, che metterebbe a repentaglio i s1 amichevoli e fiduciosi rapporti stabiliti fra i due vicini Stati, al solo scopo di creare una questione, che non deve esistere e che non esiste." Ad osservare, però; attentamente la dichiarazione, che Robilant fa ad ~ndrassy nel colloquio del 6 aprile, si deve notare che il rappresentante ita– liano parla sempre di Trieste, non dice una parola di Trento; e anche rispet– t~ a Trieste rifiuta i mezzi, rifiuta i conati del partito annessionista; non ne rifiuta il programma, i fini. Sconfessa un gruppo di privati, qual'è il "comi– tato t~iestino," che pretende imporre la politica estera ai governi responsabili; non impegna con una sola parola la politica futura del proprio governo. _!utte le sue proteste sono dirette esclusivamente contro il sospetto che il !s 0 ve~no da lui rappresentato possa avere rapporti di complicità con gli ag1taton del "Comitato triestino." Dopo la lettera Andrassy-Wimpffen del 24 maggio 1874, cercando di 167 BibliotecaGino Bianco

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