Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza Nessuno, però, avrebbe ammesso la possibilità di abbandonare per sem– pre tutte le terre italiane al dominio di Casa d'Austria. Tutti erano con– cordi nel ritenere che nuove complicazioni orientali e nuovi acquisti terri– toriali dell'Austria nella penisola balcanica non avrebbero dovuto avvenire senza che almeno il Trentino fosse ceduto dal governo austro-ungarico all'Italia. Caratteristiche sono, a questo proposito, le idee dell'ambasciat9re ita– liano a Vienna, conte di Robilant. Nessuno piu di lui era convinto che . fosse necessario al governo di Roma mantenere i migliori rapporti possibili con quello di Vienna: perciò insisteva continuamente nella sua corrispon– denza con Visconti-Venosta, affinché non solamente gli uomini di governo, ma anche i giornali autorevoli evitassero ogni manifestazione irredentista, il cui effetto non avrebbe potuto essere se non quello di adombrare il governo austro-ungarico. Nell'interesse del sempre maggiore consolidamento delle nostre buone relazioni colla monarchia austro-ungarica - scriveva il 2 aprile 1874 - io non saprei mai abbastanza eccitare il regio governo ad evitare con la piu scrupolosa attenzione tutti quegli atti, che anche indirettamente possono accennare a simpatia per la causa propugnata da chi, sognando un avvenire che non ha oggi probabilità di realizzazione eventuale, non esita a mettere a repentaglio le cordiali relazioni fra due Stati, il cui fiducioso concorde procedere nelle vie del progresso e della libertà è so~ma guarentigia di pace e di benessere per i due paesi. Ben so che il regio governo, checché se ne dica, non esercita diretta influenza di sorta su nessuno dei giornali, che si stampano in Italia. Parmi però si potrebbe indiretta– mente lasciar capire, a quelli fra i direttori di essi, che si trovano legati per solidarietà di partito e vincoli d'amicizia, cogli uomini di governo, la somma opportunità ch'essi si astengano dall'inserire ogni notizia o comunicazione, che venga loro dal sedicente Comi– tato triestino. Ma questi consigli di prudenza erano suggeriti dalla sola considerazione che le speranze irredentiste non avevano oggi nessuna probabilità di attuarsi, non dal pensiero che di una materia cosf pericolosa non si dovesse parlare . . , mai pm. L'opportunità - scriveva Robilant, il 19 febbraio 1874, a Visconti-Venosta - deve essere il criterio assoluto, a cui attenersi, non solo per far valere le giuste aspirazioni, ma anche per esprimerle... Pochi pali piantati nel mobil suolo lagunare non avranno forza di fissare invariabilmente i confini orientali d'Italia, il _giorno in cui i destini della nazione fossero giunti a tal maturità da farli indietreggiare all'Isonzo e anche pi1 in là. Anche il conte de Launay, sebbene fosse invasato dall'idea della guerra con la Francia, aveva il suo bravo conto da regolar½ con l'Austria, dopo che l'Italia si fosse messa al sicuro dalle minacce francesi. Allora, "' d 'l . ' " bb "1 1 d per quanto a es temps e 01gnes, sare e venuto e reg ement e nos derniers comptes avec l'Autriche, si d'ici là elle ne consentait pas de bonne grace à une rectification de nos frontières. " 43 43 De Launay a Robilant, 10 gennaio 187.3. 162 BibliotecaGino Bianco

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