Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 Ma qui nascevano le insuperabili difficoltà. L'imperatore Francesco Giuseppe considerava territori ereditati dai uoi maggiori come fidecommesso, che fosse suo obbligo d'onore non abban– ~onare se non costrettovi dalla forza delle armi. Quasi tutti i membri della famiglia imp~ria~e non solame~te non ammette:7~no un~ cessione all'Italia di nuovi ternton, ma erano bigottamente cattolici, e desideravano ardente– mente di appoggiare le rivendicazioni del papa. Alla corte di Vienna si erano dati convegno alcuni dei sovrani italiani spodestati, e vi mantenevano vivo il rancore contro la Casa di Savoia e contro l'Italia. I circoli militari tenevano a vile l'esercito italiano; si reputavano sicuri di batterlo al primo scontro; preferivano ad ogni altra combinazione diplomatica, un'alleanza fra l'Austria e la Francia, contro la Germania e l'Italia. Il clero cattolico faceva una vivace propaganda fra i contadini di tutte le nazionalità per la restau– razione del dominio temporale del papa. Il conte Andrassy valutava meglio che non facessero i militari di pro– fessione, i vantaggi dell'amicizia italiana, dati i rapporti sempre instabili dell'Austria con la Russia. Perciò rifiutava di lasciarsi trascinare dai clericali in avventure pericolose per far piacere al papa. Ma sulla questione della fron– tiera italo-austriaca, era non meno intransigente che i clericali, i militari, l'imperatore. Robilant non si faceva nessuna illusione a questo proposito, e non ne faceva ai governanti di Roma. L'E. V. - scriveva il 2 aprile 1874, a Visconti-Venosta - ben sa quanto il governo di S. M. Imperiale Apostolica sia suscettibile su tutto ciò, che può tornare a mettere in questione in determinate circostanze il possesso della città di Trieste. Devo però dire che a mio avviso questa suscettibilità è spinta a tal segno, da dar corso alle ombre, e da servir cosi gl'interessi del partito, che vorrebbe vedere riunita all'Italia la capitale morale del– l'Istria ... Non entra nel quadro di questo mio rapporto ... il discutere la convenienza che vi potrebbe esser per l'Italia nel possesso di Trieste, nonché la maggiore o minor proba– bilità che questo si verifichi un giorno. Il mio dovere oggi è solo di richiamare tutta l'attenzione dell'E. V. sull'eco sommamente pericoloso per le nostre relazioni coll'Austria, che può avere ogni qualsiasi, anche leggera, apparenza di ascÒlto, che si dia in Italia, a piu o meno veri gridi di dolore 44 dei Triestini. Il solo farsi menzione di Trieste nei gio:nali italiani offusca gravemente il sentimento austriaco in ogni ordine di persone. Le pubbli– cazioni, poi, che talvolta da noi compariscono di atti di un sedicente Comitato triestino, fanno d~cisamente perdere il ben dell'intelletto a tutti gli austriaci. E il 5 maggio 1874: La questione triestina e trentina continua a turbare i sonni di tutti qui; e l' Andrassy se ne preoccupa, perché, come già dissi, è un'arma di cui potentemente si servono i suoi avversari. L'arciduca Alberto, di ritorno poco fa dal Trentino, riferi all'imperatore esservi colà una non indifferente agitazione: locché mise assai di cattivo umore il sovrano, e per lo men? del pari il suo ministro ... Volendo, d'altronde, esser giusti, conviene constatare che tanto 1 Aust:1a, quanto l'Ungheria, sono gli Stati al mondo, che con maggior energia devono respmgere l'idea dei confini etnografici: poiché ove questo principio fosse rico- 44 Allusione al famosodiscorsodel gennaio 1859, in cui Vittorio Emanuele II aveva dichia– b~~di~.inon potere rimanere insensibile al grido di dolore, che arrivava in Piemonte dalla Loro- 163 BibliotecaGino Bianco

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