Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza il piu ordinato e il piu prospero assetto interno, che mai si potesse desiderare. Ma ciò ad un patto, natisi bene, ad un patto sottinteso. Bisogna, cioè, che quelle emozioni non im~ plichino né alcun pericolo serio, né soverchi sacrifici, a meno che si tratti della difesa della patria. Or, siccome una politica estera bellicosa e intraprendente non si può concepire se non accompagnata da pericoli e da sacrifici, cosf non si venga a dire che gl'italiani siano fautori di una tale politica. Gli italiani sono un popolo immaginoso e intelligente, ma né bellicoso, né megalo– mane. Immaginoso abbastanza per dar facile ascolto alle sobillazioni dei megalomani; intelligente abbastanza per arrestarsi alle conseguenze, a cui lo condurrebbero quelle sobil– lazioni tradotte in atto, tosto che le conseguenze anzidette divengano palesi. 13 Nella opposizione alla Destra conservatrice il terreno di manovra pre– ferito dai democratici e dai repubblicani era quello della politica ecclesiastica e della politica estera. All'atteggiamento antinazionale, antilibeFale, anti– democratico dei clericali, la Sinistra e l'estrema Sinistra, rispondevano con una propaganda anticlericale violentissima. Ed accusavano la Destra di non volere o non sapere rivendicare efficacemente i diritti dello "Stato laico 11 contro le pretese dominatrici del pontificato e del clero. Nella politica estera domandavano energia, iniziativa, tutela gelosa della dignità nazionale; ed accusavano la Destra di essere, anche m questo campo, specialmente in questo campo, fiacca ed esitante. Le relazioni italo-francesi offrivano la materia alle polemiche piu esa– speranti. Fino a quando Napoleone III aveva governato la Francia, la Destra italiana aveva sempre sperato dalla benevolenza dell'imperatore un acco– modamento della questione romana, e aveva segufro la politica delle rela– zioni cordiali con la Francia. Venuta in Francia la Repubblica, le minacce della maggioranza parlamentare clericale, e lo stesso atteggiamento di Thiers, rendevano impossibile ogni politica di collaborazione. Il linguaggio del signor Thiers - scriveva Visconti-Venosta 1'11 agosto 1871 a Ro– bilant - fu, per me, quale me lo aspettavo: esso ci rassicura contro il pericolo di prossime difficoltà. Ma le antipatie evidenti, e il voto del rinvio, 14 fecero cattiva impres– sione nell'opinione pubblica, e fu trovato che -una specie di rassegnazione fondata nell'im– potenza non era una base sufficiente pei rapporti fra due vicini. 15 Ad ogni nuova manifestazione della ostilità clericale francese, ingros– sava in Italia nella Destra conservatrice e ministeriale, la corrente di coloro, che riconoscevano la inevitabilità di una guerra per difendere l'unità nazio– nale contro la Francia, e quindi la necessità di un'alleanza con la Germania. 16 Il personaggio piu autorevole in questo gruppo di conservatori, che predica- 13 ]ACINI, Pensieri sulla politica italiana, pp. 60-62, 68. 14 Il 22 luglio 1871 l'Assemblea nazionale francese aveva r1nv1ato al Ministero degli esteri le petizioni raccolte dal clero per un intervento del governo francese a vantaggio del pontefice. CHIALA, Pagine di storia contemporanea, I, pp. 112-16. . 15 I documenti, per i quali non è indicata la fonte, sono inediti, e provengono dai carteggi, di prossima pubblicazione, del conte di Robilant e del conte Corti. 16 Un documento caratteristico delle preoccupazioni, che circolavano nei gruppi della Destr~ nazionale conservatrice per le minaccie dei clericali francesi, si può trovare nelle lettere del 1871 d 1 MICHELANGELO CAETANIDI SERMONETA, Epistolario, pp. 78, 165, passim. 152 BibliotecaGino Bianco

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