Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza fra piccoli e deboli governi locali, spesso in guerra gli uni con gli altri. Per effetto di questa disunione, che sembrava innata nel popolo italiano, tutti i vicini avevano per secoli considerato l'Italia come un paese assai comodo ad utilizzare negli scambi diplomatici, in cui ognuno poteva entrare quando gli piaceva, prendersi quel che desiderava, ed impiegarlo come pedina nel proprio gioco. L'unificazione nazionale dell'Italia era un fatto nuovo, che si era determinato inaspettatamente nel corso di pochi anni, fra il 1859 e il 1870. E i diplomatici delle grandi Potenze tradizionali dovevano fare un grande sforzo di immaginazione per adattarsi alla idea di questa nuova realtà: gli uomini in genere, e i diplomatici in ispecie, sono lenti a modifi– care i loro atteggiamenti mentali, e non amano guardare in faccia le nuove situazioni, specialmente quando la situazione antica era piu com_oda della nuova. Sotto questo punto di vista, l'impero germanico si trovava in condi– zioni analoghe a quelle dell'Italia. Anche la Germania era stata per secoli materia passiva alle ambizioni delle grandi Potenze vicine. Anch'essa si era costituita ad unità nazionale negli stessi anni, in cui si era unificata l'Italia. Ma la Germania si era affermata con le vittorie clamorose del 1866 e del 1870: forza e fortuna furono i suoi biglietti di presentazione; e le assicura– rono immediatamente ovunque accoglienze rispettose, o addirittura servili. L'Italia, invece, era stata sconfitta nella guerra del 1866. La impressione gene– rale era che essa dovesse la sua unificazione politica piuttosto alle vittorie degli altri che alle forze proprie. La stessa dinastia di Savoia era guardata con avversione e sospetto nelle corti conservatrici e tradizionaliste delle altre dinastie europee: essa doveva in gran parte la propria vittoria sulle dinastie, che dividevano una volta l'Italia, non alla forza delle armi, ma alla alleanza coi partiti rivoluzionari. Il re della nuova Italia, Vittorio Emanuele II, appariva agli altri re legittimi della vecchia Europa, quel che sarebbe, nel mondo industriale, un intra– prenditore, che approfittasse di uno sciopero generale della propria indu– stria per mettersi d'accordo con gli operai scioperanti contro i suoi concor– renti, e condurre questi alla rovina. Il terreno piu pericoloso era quello della cosf detta questione romana. In tutti i paesi, in cui vi fossero cattolici militanti, l'unità nazionale italiana, sorta com'era nella rovina del dominio temporale pontificio, era descritta come l'ultima peggiore creazione dell'inferno. I governi di questi paesi potevano intervenire nella controversia fra il governo italiano e la Santa Sede, con lo scopo, o col pretesto, di acquetare la coscienza dei loro sudditi cattolici, assicurando la libertà del pontefice contro oppressioni, attuali od eventuali, reali o immaginarie, del governo italiano. A questo fine, potevano esigere -che il governo italiano restituisse al papa la città di Roma, o altre parti piu o meno estese dell'antico Stato pontificio: e in tal caso era l'unità politica della penisola che si sfasciava. Oppure potevano esigere che le leggi destinate a regolare i rapporti della Santa Sede col governo italiano, fossero 146 BibliotecaGino Bianco

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