Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 partiti rivoluzionari. Nell'ora della crisi, i cattolici si sarebbero fatti avanti come esercito di riserva conservatrice; avrebbero preso il posto dei partiti nazionali andati in rovina; e avrebbero nello stesso tempo salvato l'Italia dalla rivoluzione sociale e assicurato il trionfo del cattolicismo. Anche in Francia la borghesia aveva dovuto cercare nell'alleanza col clero la sua salvezza contro le minacce rivoluzionarie, una prima volta dopo la rivo– luzione del febbraio '48, e una seconda volta dinanzi alla Comune parigina nel 1871. Lo stesso sarebbe avvenuto in Italia. E dopo la vittoria cattolica, sarebbe stata ripresa in esame la questione del potere temporale: e sarebbe stata risoluta secondo che il pontefice avrebbe sentenziato nella pienezza della sua vittoria e della sua libertà. L'astensione dei cattolici dalla vita pol_iticaspezzava in Italia in due sezioni nemiche quelle classi sociali, che in tutti gli altri paesi formavano la base dei partiti conservatori. Un gruppo, raccolto intorno alla dinastia di Savoia, teneva il governo e resisteva meglio che poteva alle correnti de_mo– cratiche e rivoluzionarie; un altro gruppo dichiarava illegittima l'unità politica d'Italia, rifiutava ogni partecipazione al governo, era come un esercito accampato in paese nemico, pronto sempre a muovere all'attacco. La debolezza dei partiti nazionali apparirà chiara, solo che si tengano presenti alcuni dati statistici. Su 27 milioni di abitanti, fra i quali 7 milioni di maschi maggiorenni, avevano nel 1871 il diritto di voto solamente quei cittadini, che pagassero almeno 40 lire annue di imposte dirette: gli elettori perciò erano 530 mila, appena il 2 per cento della popolazione. Erano esclusi dal voto tutti i giornalieri e quasi tutti i piccoli proprietari agricoli, tutti gli operai e quasi tutti gli artigiani cittadini, buona parte della stessa piccola borghesia intellettuale. Della minoranza, che godeva il privilegio del voto, il 54 per cento si astenne dalle elezioni fatte nel novembre del 1870, dopo la occupazione di Roma; in altre elezioni si astenne fino al 65 per cento degli iscritti, parte per seguire il divieto pontificio, parte per indifferenza. 8 I proprietari elettori dividevano i loro voti fra la Destra conservatrice, che era al governo; la Sinistra democratica, che formava la opposizione par– lamentare, e la estrema Sinistra repubblicana. La Destra non osava esten– dere il diritto di voto perché se lo comunicava alla piccola borghesia e al– l'artigianato cittadino, temeva di rafforzare le correnti democratiche e repubblicane; se arrivava al suffragio universale, avrebbe dato la prevalenza alle moltitudini contadine, che avrebbero certamente votato pel partito clericale. Nella politica internazionale europea, il governo italiano, sorto novel– lamente dalla fusione di sette governi, era come un viaggiatore inaspettato, che entra in treno e cerca un posto anche per sé, e cosf disturba tutti gli altri viaggiatori, che si sono già sistemati. Per dodici secoli l'Italia era stata divisa 8 Statistica elettorale politica, Roma, 1876, pp. VII, 129; MARIO, Scritti politici, p. 315. 145 BibliotecaGino Bianco

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