Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza Nella lotta pel controllo del Mediterraneo fra l'Inghilterra e la Francia, l'apporto delle basi e delle forze navali italiane poteva far traboccare la bilancia a favore dell'alleato e a danno dell'avversario. Un intelligente scrit– tore ed uomo politico inglese, sir Charles Dilke, definiva con grande chia– rezza questa condizione di cose in uno scritto del 1887: Il serait aussi difficile à l' Angleterre de prétendre, avec le seul concours de sa flotte, sans l'alliance de l'ltalie, conserver contre les français la suprematie absolue de la Méditerranée et la Mer Rouge, que de vouloir employer son armée à défense de la Bel– gique ou de l'Empire ottoman ... Il lui fait [à l'.Angleterre] considérer désormais la route du Cap comme la seule voie sùre de communication avec l'Inde, sur laquelle elle puisse compter, au cas d'une guerre avec la France, l'ltalie restant neutre. 5 Questo stato di cose - scriveva nel 1889 uno dei nostri migliori scrittori politici, Stefano J acini - "era cosf vantaggioso per l'Italia, che, se fosse stato a lei concesso di stabilirlo a suo piacimento, essa non avrebbe potuto dargli una forma diversa": Tre vicini quasi ugualmente potenti: una Francia all'occaso, regina della stirpe latina; una Prussia colla egemonia della Germania nel mezzo. un'Austria ad oriente, la quale avendo perduto ogni motivo d'ingerenza nelle cose della Gerrp.ania e dell'Italia, rappresentava l'associazione degli interessi delle stirpi diverse, che la grande valle del Da– nubio abbraccia. Tre vicini che si' contrabilanciavano tra loro. Cos1 pure, nascendo, la nuova Italia, Stato del Mediterraneo per eccellenza, e interessata a che in quel mare fosse impedita l'esclusiva dominazione di alcuno, approfittava intanto della rivalità esi– stente tra l'Inghilterra e la Francia, mentre lo sviluppo gradule delle sue forze marittime la conduceva naturalmente a divenire il perno del gruppo degli altri minori Stati, littoranei essi pure dello stesso mare, aventi il medesimo interesse, la conservazione della libertà di quel grande emporio del commercio mondiale. 6 Il quadro è troppo ottimista. Mancano gli oscuri. Il "monopolio di posizione," goduto dalla pianura del Po e dalla penisola appenninica, se presenta grandi vantaggi, suscita pericoli altrettanto grandi per la libertà della nazione italiana. Si devono appunto a quella posizione-chiave le sven– ture italiane dal secolo XV in poi: nelle guerre di preponderanza e di equilibrio fra le grandi Potenze dell'Europa moderna, il paese - diviso fra molti e deboli governi, e incapace tanto a difendere la propria neutra– lità quanto ad intervenire nelle lotte altrui con forze autonome - fu campo di battaglia a tutti i belligeranti, preda ai vincitori, contaminato da tutti nella guerra, trafficato da tutti nella pace. Avvenuta la unificazione nazionale, il paese non è stato piu materia inérte ai giochi diplomatici e ai calcoli strategici altrui. Ma grazìe sempre alla posizione geografica, tutte le correnti della politica medio europea e della politica mediterranea hanno continuato, prima o poi, per un motivo o per un altro, direttamente o indirettamente, ad investire l'Italia. Tutte 5 Dmrn, L'Europe en 1887, 302, 90, 99. Cfr. dello stesso autore, Problems of Greater Bri• tain, Il, 507-15-532. 6 ]ACINI, Pensieri sulla politica italiana, pp. 26-7. 142 .. BibliotecaGino Bianco

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