Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera di Francesco Crispi L'Europa al presente, - scrive Crispi al Ministero della guerra il 10 luglio 1889, - è un vulcano che può da un momento all'altro prorompere, e bisogna trovarsi pronti. Ogni giorno ci svegliamo col pericolo che scoppi la guerra. I grandi Stati affrettano gli armamenti con cura febbrile. Noi sventuratamente siamo indiett·o a tutti e siamo i primi esposti agli attacchi nemici. La vicina repubblica ha preparato, in mare e per terra, quan– to occorre per assalirci. La prossima guerra non può essere ristretta nelle proporzioni di quelle del 1859 e del 1866, e le ire e i risentimenti son tali - e gli strumenti della lotta sono cosi potenti - che qualunque ne sia l'esito, sarà una catastrofe... I francesi, per darsi ragione contro di noi, han voluto costituire la convinzione, nel loro paese ·e nostro, che io voglio fare la guerra. I miei avversari in Italia si prestano a questa indegna e antipatriottica manovra. Nessun uomo di Stato può volere la guerra. Ed io non posso volerla, perché non siamo forti abbastanza e pet·ché se fossimo forti, non oserei affrontare i risultati di un confiitto, il cui esito non è mai sicuro. 51 Quand'ecco, il 12 luglio, gli viene portata la notizia di una possibile prossima aggressione della Francia. 52 Un giorno - cosi raccontava i fatti lo stesso Crispi, due anni dopo - venne a Roma uno di quegli agenti, che si dicono partigiani della lega latina, che vanno e ven– gono da Parigi col pretesto di metter la pace fra i due paesi. In verità era un agente pro– vocato~e ... Egli si abboccò con un alto funzionario italiano, al quale confidò come un segreto di Stato che già si era stabilita una spedizione contro l'Italia. Per attuarla, si at– tendeva il pretesto di una quistione, che si sarebbe fatta sorgere. Il governo della re– pubblica aveva deciso di attaccare l'Italia per mare e per terra: necessario il prevenirlo, giungendo prima alla frontiera francese con un esercito, e mettendo sul mare tutta la flotta. L'emissario annunziava che due divisioni sarebbero salpate, una da Tolone e l'altra da Algeri, allo scopo di distruggere con la melinite una o due grandi città ita– liane; erano sulle Alpi 70 mila soldati, i quali valicherebbero il confine al primo cenno, che giungesse da Parigi. Con questa notizia si credeva di eccitare l'animo, com'essi diceva– no, irritabile del ministro Crispi, il quale, si presumeva, avrebbe risposto precipitandosi alla guerra. E siccome la provocazione sarebbe venuta da lui, egli non avrebbe avuto ra– gione di chiedere l'aiuto delle potenze alleate. Il focoso siciliano, come i giornali francesi spesso lo chiamano, non si lasciò trarre nella rete. Tranquillo, come sempre in tutti i suoi atti (!), del progetto non diede neanco notizia ai suoi colleghi. 53 E veramente, quando si considerava che il 5 maggio 1889 era stata inaugurata la Esposizione di Parigi, doveva apparire assurdo che la Francia premeditasse una guerra proprio quando le feste e gli affari di quella grande impresa nazionale erano nel massimo fervore. Ma dai Diari di Crispi, risul– ta che il "focoso siciliano," lungi dall'essere rimasto "tranquillo, come sem– pre in tutti i suoi atti," ebbe parecchi giorni di vera angoscia: chiama il mi– nistro di casa reale~ domanda udienza al re; disçute con Brin, ministro della Marina, le precauzioni da prendere; concorda col ministro della guerra, Bertolé-Viale, i provvedimenti atti "a impedire ogni sorpresa, sia per terra che per mare," "senza spargere allarmi, con prudenza"; manda una perso– na di .fiducia a conferire con Bismarck; chiama l'ambasciatore Catalani da Londra e l'ambasciatore Nigra da Vienna; discute il piano' delle operazioni militaJi col capo di stato maggiore, Cosenz: "anch'egli è d'avviso che 1 s1 Politica estera, p. 323. s 2 Politica estera, p. 324. 53 Ultimi scritti, pp. 69-70. BibliotecaGino Bianco 123

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