Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera di Francesco C1-ispi "prestarsi a far la parte dell'agnello, 1116 preoccupato che un atto di condi– scendenza potesse essere considerato come prova di debolezza, risoluto a non transiger mai, sempre pronto all'offesa per prevenire l'offesa, lanciandosi a testa bassa contro gli ostacoli - perfetto temperamento di giacobino - in– vece di girarli con prudenza temporeggiatrice, come faceva Depretis, o di trattarli con spigliatezza ironica da gran signore, come faceva Robilant. Gli mancava - riconosce un suo apologista inglese, lo Stilmann - quel sU;aviter in modo, che consente all'avversario di accettare il fortiter in re senza do– versi dichiarare provocato e offeso. 17 Portava nell'azione diplomatica gli stes– si squilibri di pensiero, le stesse intemperanze di linguaggio, che s'incontra– no ad ogni passo nei suoi discorsi parlamentari, sia di oppositore sia di uomo di governo, e che provocavano, durante le discussioni, tumultuosi incidenti, per lo meno inutili. . , Deve, per esempio, spiegare alla Camera, il 25 settembre 1887, perché il governo italiano ha rifiutato di partecipare all'Esposizione di Parigi del 1889? Potrebbe limitarsi a dichiarare che l'intervento dell'Italia, mentre gli altri, e specialmente gli alleati, si astenevano, avrebbe potuto prendere un significato, che sarebbe stato alieno dalle intenzioni dell'Italia. Invece, Crispi sen~e la necessità di aggiungere che "ha i suoi dubbi sull'utilità delle esposi– zioni universali," che "lo scopo della esposizione francese del 1889 è venu– to meno" dopo il rifiuto delle grandi potenze, che "la nostra monarchia non ha nulla a temere dalle repubbliche e può gareggiare con esse," che il mon– do ha avuto altre rivoluzioni non meno degne d'essere festeggiate dall'Italia che la rivoluzione francese, e ad ogni buon conto "il lento e continuo pro- · gresso del secolo passato in Italia avrebbe forse potuto, senza la scossa d'uno sconvolgimento sociale, darci tutti i benefici che poi avemmo dalla grande Rivoluzione Francese. 1118 E il 3 maggio 1889, dovendo spiegare perché l'ambasciatore italiano non è stato presente all'inaugurazione dell'Esposizione, non si limita a dire: "Il governo della Repubblica francese non invitò il corpo diplomatico: quindi da parte nostra non ci potevano essere rifiuti"; ma sente la necessità di aggiungere: Ogni paese ha le sue date illustri, ed i nostri colleghi, ricordando quella del 5 mag– gio 1789, credo non abbiano ricordato la migliore della rivoluzione francese. Avrei ca– pito che avessero ricordata la notte dal 4 al 5 agosto 1789, quando furono aboliti i pri– vilegi e fu fatta (sic) la celebre dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. Del resto noi abbiamo qualche data migliore: quella del 20 settembre 1870. Noi non ab– biamo mai domandato agli altri che questa data festeggiassero, perché ogni paese festeggia le sue; e non so perché si abbia tanta fretta, tanta sollecitudine, tanto desiderio di festeg– giare le date celebri delle altre nazioni, quando abbiamo le nostre che sono cos1 gloriose. 19 16 Politica estera, p. 288. 17 STILMANN, Francesco Crispi, p. 174. Giudizio analogo dava Lord Dufferin, ambascia– tore inglese a Roma (LYALL, The Marquis of Dufjerin, II, 216-7); né diversa è la opinione del C8;IALA, Triplice e Duplice, pp. 520-27; e lo stesso apologista piu recente del Crispi, CASTELLINI, Crzspi, p. 184, deve ammettere il "carattere impulsivo" del suo eroe. 18 Discorsi parlamentari, II, 845. 19 Discorsi parlamentari, III, 318-19. 111 BibliotecaGino Bianco

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