Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte prima Vi è dunque la probabilità - spiegava alla Allgemeine Zeitung un "uomo di Stato inglese del partito conservatore"; dopo le feste di Tolone, il 15 aprile 1901 - vi è sempre la probabilità che francesi e italiani dimentichino le loro divergenze e si stendano la mano. A questo punto non sono ancora arrivati, e forse non arriveranno mai; tu~ta– via sembra che l'Italia non voglia continuare in tutto la politica seguita sino ad ora, e che rispetto a certe determinate eventualità possa formarsi un accordo franco-italiano. La Gran Bretagna naturalmente saluterebbe con gioia ciò che mirasse alla conservazione della pace europea, ma è molto da temere che un'alleanza fra questi due grandi popoli latini non agisca in questo senso; ed è assolutamente certo che un tale accordo produrrebbe un serio perturbamento nell'equilibrio del Mediterraneo per quanto ci concerne. Nei nostri calcoli preventivi, in vista di eventuali lotte sul · mare, noi se non abbiamo fatto assoluto assegnamento sopra il concorso dell'Italia a nostro favore, abbiamo però sempre considerato come fuori di dubbio che essa avrebbe mantenuto di fronte a noi una neutra– lità piu o meno benevola, nel caso che ci fossimo trovati in guerra con la Francia o colla Russia, o con ambedue queste potenze. Se l'Italia rimanesse neutrale, noi potremmo sperare di mantenere la nostra posizione nel Mediterraneo, anche di fronte a queste due Potenze riunite. Se poi l'Italia fosse attivamente dalla parte nostra le probabilità di successo da parte dei franco-russi sarebbero fin dall'inizio scarsissime. Gli ultimi avveni– menti ci hanno invece insegnato, che noi non possiamo oramai nemmeno piu fare sicuro assegnamento sulla neutralità dell'Italia. Con ciò però noi non vogliamo dire che vi sia pericolo imminente che l'Italia passi dalla parte di coloro che sono nostri nemici, cono– sciuti; ma questo è certo, che noi non possiamo· piu considerare, come abbiamo fatto fino ad oggi, come impossibile la eventualità che l'Italia assuma una attitudine favorevole ai nostri avversari. Il dominio sul mare è per noi di importanza cosi vitale, che noi dobbiamo prepararci a prendere in considerazione eventualità, che ancora sembrano lontane. 10 Quali trattative sieno avvenute fra il governo inglese e il governo ita– liano nel 1901, quali difficoltà si sieno presentate, quali influenze personali abbiano contribuito ad appianarle, ignoriamo. A titolo di curiosità, ripor– tiamo quanto scrive il corrispondente romano del Times, nell'aprile 1902, intorno a queste trattative: È fuori dubbio che nel dicembre scorso nuovi negoziati per l'eventuale occupa– zione italiana a Tripoli furono fatti a Londra ad iniziativa dell'Italia; ed è certo pure che in quel tempo il ministro degli esteri italiano spiegò una considerevole astuzia. Con la sua conoscenza degli uomini e delle cose, egli seppe usare della stampa ufficiale clande– stina in modo veramente bismarckiano. E se la storia psicologica di questo periodo venisse divulgata, formerebbe un interessante, quantunque forse non troppo edificante, capitolo della storia delle relazioni anglo-italiane. 11 Ma, in verità, noi non vediamo quali astuzie sarebbero state necessarie al governo italiano per far capire senza equivoci al governo inglese, che l'Italia non ritenendosi. piu minacciata dalla Francia in Tripolitania come nel 1887, non domandava piu l'amicizia inglese alle stesse condizioni del 1887; non rifiutava, anzi offriva, di rinnovare la "dichiarazione di politica" del 1887, impegnandosi con l'Inghilterra a non secondare mai la Francia in una politica di aggressione e a trovarsi accanto all'Inghilterra, se la Francia iniziasse una politica di questo genere; ma occorreva che l'Inghil- 84 10 "Tribuna," 23 aprile 1902. 11 "Tribuna," 27 aprile 1902. BibliotecaGino Bianco

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