La rosa e l'usignolo

-9- -qnello scellerato dalle gamlic secche e spolpate, per le sue Invenzioni e per la colpevole condiscendenza del portinajo Cipresso, trO\"Òil modo di entrare in Rosajo. Gridando e cantafl'do tutta la nolle, non lascia riposo ai cittadini. Per colmo di temerità fa udire continuamente canti amorosi diretti al tuo nome, e si vanta persino di essere amorosamente rapilo dalla tua esimia beltà. Questi canti audaci turhnno lo spirito di chiunque gli ascolta, e fanno supporre mia compiacente condiscendenza anche per parte tua. Ora, se di ciò giungcsS<' notizia alle orecchie de.t 1·emio Signore e tuo padre, quale risposta gli potrei dare io mai? Io, chr In qualita di militare venni da lui stabilito a custodia della tua porta, per impedire che si rechi verun' onta al tuo nome immaculato? ... EgU è perciò, che, ferito il furfante colla mia spada, 1·• ho messo in fuga: ma senza comando tuo non volli ucciderlo. Ora, se vuoi, comanda e gU torrò la vita. -- Si sdegnò assai la r('gina e disse: -- Qua~ crudeltà! quale barbarie ascolto da te! Do,·e si vide mai o si udì, chr. uno straniero venuto a cercare asilo in una città, ali' ombra dclii\ protezione di un re, ubbia ad essere, senza esame nè giudicatura, ingiustamente perseguitato? Quale delitto ba egli commesso, per cui s'abbia ad avere l'audacia di ferirlo e scacciarlo? S'egli intuona con dolci e soavi armouie canti amorosi e lodi al mio nome, quale delitto commelt' egli? Quale onta al mio nome] Non è ella forse una legge universale, dal principio del mondo sino alla consumazione dei secoli, che si todi ciò eh' è lodevole, che si disprezzi ciò eh' è dispn·1:zcvole, che si ami ciò eh' è amabile? Commette egli dunque l'uomo un delitto, se lodando lo sple'1dore e la beJLitdel sole, si sente trasportalo di amore e di brame al sorgere della sua luce? lleca egli un qualche oltraggio al sole od una qualche macchia al suo nome? Convlen dire, ('.he lu sia dominato dallo spirito dcli' invidia e dcii' ingiustizia per commettere ·questa malvagi là. Affrettali a medicare la sua ferita; guardati d' 'Ira in poi dal proibirgli di vagare liberamente qua e colii, e di darsi spasso i.ella mia Rosajo. Guai a chiuuque avrà l'ardire <li turbarlo od inquielarlo?-- IX. Irritato lo Spino da queste parole della regina, andò a denunziarla e calunniarla dinanzi al re, e disse: -- Signore mio re. l'cr comando della maestà tua militare e custode fu stabilito il tuo servo alla porlll riel palazw della regina tua figlia, perchè nessun temerario venisse ad operare alcun che, da r.ui rimant•ssr. olfuscato lo splendido nome della regina. J\la ecco è da alcu11i giorni, che uno di gambe secche e spolpate, un malvagio, un furfaut<', uni; sracccndato che s' abbandona ai piaceri della sorte, trovò ingresso iu Rosajo per la poca vigilan• za del portinaro: modula canti di omore al nome della grande regina: la notte disturba la città collo strepito della sua roce: si vanta di essere inamorato della regina. Da questi discorsi iusorgono dubbiezze ed ambiguità: le ciarle passano di hocca iu ti or.ca. luformato di ques1 i m·venimenli ed acceso tJi sdegno, ho trovato Il vagabondo, e senza ferirlo a morte, l' ho messo in fuga. Poi presentatomi alla regina ne la informai, chiedendole permissione di urri1lerlo. Ma ella, invece di gradire il mio operalo, mi caricò di

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