La quistione romana nell'Assemblea francese

22 LA QUISTIONE ROMANA franchigie sono, non che promesse ma conferite e nella maniera la più larga che possa volersi. (Sclamazioni a sinistra.) M. OD ILON BARBOT, P1·esidente del consiglio. Sì! sì! e son franchigie forse più larghe che voi non avete in Francia. M. DE TocQuEv. Noi abbiam dimandato una Consulta, c dessa· è stata costituita. Perchè dunque io non posso asserire con verità che molte delle nostre domande sono state compiutamente e immediatamente satisfattc dal Motu proprio, e che il più del resto è stato annunziato e promesso? (Brontolio a sinistra.) Il dispaccio da noi di· retto sotto il trenta settembre al nostro ministro in Roma esprime appunto questo doppio sentimento di satisfazionc pel fatto, e di desiderio per ciò che restava a fare. Discorse così le istituzioni, non mi resta che a dire qualche parola sulle persone. Intorno alle quali abbiamo usato un linguaggio ancora più vivo e più insistente. Per questo secondo capo egli non si trattava di condurre il Pontefice a delle istituzioni che potessero ripugnare alla sua prudenza c alla sua coscienza; si trattava sì veramente del non dover noi sorfrireche sotto i nostri occhi eacosìdire per le nostre mani si facesser degli atti alieni dai nostri principi edalla generosità francese. (Benissimo! ) Fin dalla nostra entrata in Roma noi sentimmo di avere un diritto ed un dovere : nostro dovere era fìnir di vincere, o meglio di domare la fazion demagogica già espugnata per noi. (Violenta inte1-ruz~·one a sinistra; app1'ovazione a diritta.) Avevamo il dovere di dare al paese occupato una pace reale c profonda; c noi vi ci siamo adoperati isso - fallo, mandandone precise istruzioni ai nostri diplomatici in Roma. Ed il fatto la Dio mercè è seguito; i stra-

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