Giovanni Bertoni - Memoria sul lago di Quarto

13 finchè salendo a mezza costa, ti colpisce dalla stmstra un rombo lon,tano di acque cadenti che l' eco so_litario ripete e moltiplica in mille guise. È l'ultima •cateratta del lago di cui biancheggiano in alto gli sprazzi senza interamente discoprirla per la lontananza , e per le rocce che la rinserrano. In tal punto , quasi senza avvederti , percorri una est~nsione disordinata di suolo a più ricolmi , accavallati l'uno &ull'altro, per una latitudine trasversa di metri duemila , oltre un miglio ; pc' quali ricolmi si tragitta per altrettanta via. Suolo senza piante, tutto cii;iereo , che appare al colore, alle forme quasi Uf\ terreno vulcanico. Esso non è che una genga scbeggiosa, friabile, di fosca tinta; non è che l'ammasso enorme della frana onde it monte altissimo denominato Montalto si avvallò lutto intero <lal vertice al piede 2 • Super.ala la landa ineguale, che ovunque porta le impronte della sua commozione , ecco aprirsi gradatamente la veduta del lago di Qu~rto, 3, Altissime rupi chiudono intorno intorno qn'ampio bacino di sospese acq~e, cui navigano per ogni banda piccqle barche pescherecce, largo ottocento metri, lungo oltre mille quattrocen,to.Due grandi influenti superiori vi scendono precipitosi e corrono a perdersi nelle sue acque: il Savio superiore e la Parra. Il Savio nella direzione da ostro a settentrione vi ha shocco di cento quaranta metri in larghezza; là dove. appunto due sporgenti abituri, Pian <l'Angelo e Casalhingo , ti sembrano posti a destra ed a sinistra come a gua1·dia della gran foce. Per questa entrando, è navigabile il Savio per due miglia e più superiorJ1}ente, colla profondità dagli otto agli undici m~tri, e per la lungliezza ragguagliata di ottanta metri. C,<;>11. Biblioteca Gino Bianco

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