Menotti Delfino - Guglielmo Oberdan

GUGLIELMO OBERDAN E mi a.bbracci6 ancora , e mi si se-lette .acc:mto, chieden1o di me, della mia f.1mi- ~lia-, dei miei studii. AYe\·a dimentic.1~o '-' tutta la sua tristezza - e ne aYe\·:t unu! - per rì\·ivere meco nel passato. Quell' affettuoso colloquio fLl un poema di dolcissime cose. I ti ricordi? ti rammcuti? -fioccavano come h gragnuola. Tutti i begli ann i passati nell'adol escenza gli apparvero improvvisamente al pensiero. La scuola, i professori , il caffè, le lunghe passeggiate, i sc:>gni, le speranze , gli amoretti, le simpatie, le risse, le scappatelle, tu tt e insomn11 le mille memorie, sepolte nel cuore, resuscitarono, e per lunga pezza scordammo io e lui la divisa ~he inlossav.t. Mi diffondo su ques t' episodio , pcrchè fu quello che dètte l'ultima direzione alla sua breve es istenza. Si giunse finalmente a parlare de' cas i suoi. Malediceva il destino che l'obbligava a servire una bandiera odiata. Prorompeva in islanci impetuos i contro la progettata impresa di Bosnia. « Io non andro mai, gridava, a combattere contro un popolo che pugna per la sua libertà; non potr6 nui esser . complice di siffatto as-

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