Giuseppe Ferrari - L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851

\ gavano la miseria di una propaganda che naufragava in pien meriggio; rna la democrazia era addotta al · partito di celebrare uomini discreditati, già orleanisli nel 1849, e gettati nell'opposizione dal caso, dai dispetti, dall'urlo delle ambizioni; ma la reazione stessa era già uscita dal suffragio Ul)i versa le, era stata discussa sulla base della volontà generale; ma, da ultin1o, la montagna era stata costretta a far conto sull'eletto del t O dicetnbre, sostenendolo nella p iii pericolosa tra le sue mozioni. No, noi non abbiamo confldato nel 1852, noi non ci siamo fondati sulle persone, noi non abbiamo ado- - rato n è i capi, n è il popolo, non abbian1o fondato conlitati, nè preparato fucili, n è distribuito gradi, n è date n1ission i, n è maneggiate coalizioni assurde; a,bbiamo fertnato l'attenzione .sui soli principj, non abbiamo cessato di ripetere che le rivoluzioni erano su- , bitanee e fatali nello scoppio; ci siamo dati alla filo- _ sofia, e non ai mezzi della rivoluzione. Che abbian1o perduto? I tnezzi insufficienti, gli errori, i pt~egiudizi, le illusioni: stava dinanzi a noi una folla se'tva che dovevan1o abbattere colla scure; se un fulmine l'ha incenei~ita, dobbiamo forse disperarci~ La stessa aspettativa del 18[)2 disconosceva l'una tra le prime leggi della storia di Francia. Credevasi al ritorno circolare del 1848, riveduto e corretto dagli uomini stessi a cui il potere er~ sfuggito di mano; speravasi un nuovo governo provisorio rifatto e redivivo, colle sue fazioni ravvedute e conciliate. No, mai non si videro in ten1po alcuno della storia di Francia reduci

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==