Giuseppe Ferrari - L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851

\ .... l 7 una parte eravi un capo, signore delr esercito, del - l' anuninistrazione, delle finanze, della poli.zia; dall' altr·a stava un' assernblea divisa, uscita da un' elezione contradittoria; da una parte et~ avi la forza elettorale di sei n1ilioni di voci, l'unità di un pensiero che ricordava ~apertatnente la rnemoria di Napoleone ; dall'altra stavano seltec.entocinquanta rappresentanti eletti da dieci tnilioni di voci, di cui sei milioni devote al presidente e quat.t.ro milioni che elidevansi n1utnatnente. Dove era la forza? Dove trovavansi i lnezzi d'azione nel caso di un conflitto? a <lhi avevali confidati il popolo? al presidente: l' as - setnblea era ridotta alle indagini individuali, ai sospetti , alle dicerie; non poteva stendere un atto di aecusa fo~1dato su n1ere congetture; se lo tentava , doveva lottare col tun1ulto della piazza, colle dichia- , razioni , colle prolestazioni, coll' incet~tezza, nel nlentre che il presidente aveva sue la logica del potere e ' quella dell'esercito. E noto che il colpo di Stato scoppiò inopinatan1ente. In apparenza havvi contradizione lra i tirnot~i sul colpo di Stato e la sorpresa ehe recò; in t~ealtà, i timori, i sospetti n1"ostrano che era probabile, e la sorpresa n1ostra la facilità con <·ui poteva il presidente riportare la vittoria. Temevasi una sorpresa, e di fatto Luigi Bonaparte sorprese, p~rchè unièo signore de' pr·opri pensieri e / delle propt·ie deeisioni. Poteva egli in1porle in due ore ai n1inist1~i, alla polizia, ai prefetti, all' esercito : questo potere eragli concesso dal popolo: e il popolo lasciò che lo esercitasse .

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