Giuseppe Mazzini - Dubbio e fede

8 modestamente in un piccolo cerchio, a una felicità versata su poche teste e divisa, a doveri immediati e di facile compimento. Il giorno in cui quei dubbi mi solcarono l'anima, io mi sentii non solamente~ supremamente e inesprimibilmente infelice, ma come un condannato conscio di colpa e incapace d'espiazione. I fucilati d'Aless:mdria, di Genova, di Chambery, mi sorsero innanzi come fantasmi di delitto e rimorso pur troppo sterile. Io non potea farli rivivere. Quante madri avevano già pianto per me! Quante piangerebbero ancora s'io m'ostinassi nel tentativo di risuscitare a forti fatti, al bisogno d'una Patria comune, la gioventù dell'Italia? E se questa Patria non fosse che una illusione? Se l'Italia, esaurita da due Epoche di civiltà, fosse oggimai condannata dalla Provvidenza a giacere senza nome e missione propria aggiogata a nazioni più giovani e rigogliose di vita? D'onde traeva io il diritto di decidere sull'avvenire e trascinare centinaia, migliaia d'uomini al sacrifizio di sè e d'ogni cosa più cara? Non m'allungherò gran fatto ad anatomizzare le conseguenze di questi dubbi su me: dirò soltanto ch'io patii tanto da toccare i confini della follia. Io balzava la notte dai sonni e con-eva quasi deliro alla mia finestra chiamato, com'io credeva, dalla voce di Jacopo Ru:ffini. Talora, mi sentiva come sospinto da una forza arcana a visitare, tremante, la stanza vicina, nell'idea ch'io v'avrei trovato persona allora prigioniera o cento miglia lontana. Il menomo incidente, un suono, un accento, mi costringeva alle lagrime. La natura, coperta di neve com'era nei dintorni di Grenchen, mi pareva ravvolta in un lenzuolo di morte sotto il quale m'invitava a giacere. I volti della gente che mi toccava vedere mi sem- ;

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