Giuseppe Mazzini - Dubbio e fede

16 sperata, noi nego, perchè io m'affratellai col dolore e mi ravvolsi in esso, come pellegrino n~l suo mantello; pur pace, dacchè imparai a soffrire senza ribellanni e fui d'allora in poi in tranquilla concordia coll'anima mia. Diedi un lungo tristissimo addio a tutte gioie, a tutte speranze di vita individuale per me sulla terra. Scava.i colle mie m~mi la fossa, non agli affetti - Dio m'è testimonio ch'io li sento oggi canuto come nei primi giorni della mia giovinezza - ma ai desideri, alle esigenze, ai conforti ineffabili degli affetti, e calcai la terra .su quella fossa, sì ch'altri ignorasse l'io che vi stava sepolto. Per cagioni, parecchie visibili, altre ignote, la mia vita fu, è e durerebbe, s'anche non fosse presso a compirsi, infelice; ma non ho pensato mai, da quei giorni in poi, un istante cbe l'infelicità dovesse influir sulle azioni. Benedico riverente Dio padre per qualche consolazione d'affetti- non conosco consolazioni da quelle infuorich'egli ha voluto, sugli ultimi anni, mandarmi, e v'attingo forza a combattere il tedio dell'esistenza che talora mi si riaffaccia; ma s'anche quelle consolazioni non fosser9, credo sarei quale io sono. Splenda il cielo serenamente azzurro come in un bel mattino d'Italia o si stenda. uniformemente plumbeo e color di morte come tra le brume del settentrione, non vedo che il Dovere muti per noi. Dio è al di sopra del cielo terrestre e le sante stelle della fede e dell'avvenire splendono nell'anima nostra, quand'anche la loro luce si consumi senza riflesso come lampada in sepoltura- (1862). •

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