Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

130 CONCLUSIONE. selvagge che, avendo per .unico sospiro lo sfog-o iJlib mitato delle più nefande propensioni, mirano a scrolla re dai suoi cardini la Società senza temere di soccombervi, perchè sanno che la tomba sol degna di loro è la universale ruina di un mondo che promettendo di felicitarli gli corruppe> ed in essi apparecchiò il proprio flagello. Questa sarà la condizione . della Italia, se i suoi Governi non si risolvono di farsi amici sinceri della Chiesa, deponendo l'i poc rita ambizione di esserne protettori; e dovrebbero cominciare dal rifarla dei danni e ùelle onte per lei sos tenute nell'Episcopato, nel clero e nel chiostro. Il non riparare così enormi sacrilegii ed ingiu stizie così flagranti, sarebbe il medesimo che commetterle un'altra volla; anzi tanto peggio in quanto non ci sarebbe ora lo scompiglio e la sedizione che poterono attenuare la col pa della prima; e così essi confP-rmandole col fatto) non farebbero che confermare sul nostro capo le divine maledizioni , della cui severità abbiamo pur troppo preso un dolorosissimo sperimento. Se i Govemi italiani nella nuova via in che son per entrare, sapranno intendere questo punto: se sapranno scorgerne Ja suprema rilevanza nelle sventure onde è desolala dall'un capo all'altro l'Europa ; se avranno risolutezza e vigore bastante a recarlo in pratica) oh ! all ora sì! potranno sperare che la Provvidenza benedirà le loro cure pel ben comune) e della sostenuta bm•J·asca n.on ci resterà che una consolata rimemb1·anza ed un salntarP- ammacstramenlo. Si ! Io diciamo con un convincimento profondo e solenne ,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==