Emidio Zoli - Sul commercio de' grani nello Stato pontificio

.15 che menarono condusse il Governo ad obbligare l' Amministrazione Provinci:ile a far tanta provvista di grano all' estero quanta bastava ad esaurire le domande di tuili i Comuni. Gli Amministratori della Provincia obbedirono a malincuore perchè sapevano di andare incontro ad una perdita , istosissima, mentre il grano non mancava eiTeui,•amentc. Andarono perciò lentissimi nelle compre cl>c effettuarono per mela meno delle richieste dei Com w• i: e con tutto ciò pcrdettc•·o sul genere oltre quindici mila scudi per la ragione c:IC giunto sulla nostra piazza nessuno piu lo comprò. A pareggiare questi quindici mila scudi i possidenti in quest'anno pagano alla Provincia una tassa molto maggiore; ma il danno figliol mio non è solo dei possidenti, ~ibbene di voi artisti di ogni specie, degli operai, c in· fine di iutlo il popolo che ha bisogno di lavoro per vivere. Pop. Dice danero Sig. Parroco? Pa,·r. Parlo del miglior senno del mondo. Dove traggono i possidenti i danari per fabbricar le case, per bonificare i loro fondi , pc•· ispcndcrli nei mobili, nelle cose di lusso? Li traggono dalle rendite dci loro fondi nette dalle tasse c dalle al!t'e spese di produzione. Ora se le tasse sono miti, molto danaro rimane ai po'sideoti da spendere; se sono bravi, loro ne riman poco. E certo dunque che i quindici mila scudi che pagheranno in tre aoni come è di sposto è un capitale che anebbero potuto impiegare nei lavori d'ogni specie, c che non impiegano : ed è altrettanto certo che agli operai in massa mancano quindici mila scudi di lavoro in tre anni. Di chi è dunque il danno? è tutto degli operai. Dico tutto, non già pcrchè voglia escludere dalla sua parte di danno anche i possidenti , ma pcrcLè essi lo sentono appena, e per voi altri la pri,•azione del lavoro è <tueslione di vita. E di chi è la colpa? Prima, d7l popolo

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