162 - 4tiell~ dà. Avrò per tutta la vita il rimorso, il ramma rico di non essere corso g iù a l fiume per alleviaro gl i ulti mi momen ti di quell ' infc lic·e. !\la proprio non posso ! t\on posso! Poi mi pare che sia entmto qualcuno. Un soldato, certo, du.• ha udi to dal di fuori e porta una stilla d'aeq ua. ~an\ n•altit '!O nn imag ine del sogno d i quelle che sogliono sor - o:;t:'re, nel dormiveglia, quando la mente, ad inganna r e l a carne, fingesi svolga un fatto c he noi avevamo già divi- 'ato di compiere'! Il genemle russa forte. Grossi digrigna parole in!'omprrnsibili. Deve P~~ere p1ssato del tempo. Ora il ferito non grid:~ più. Harà ccrtamt>n te morto. lTn calcio mi colpisc·e al g inocchio c mi pr·oduce un dolorl' inenar·rabilc. Om si e he ho la forza d'alza rmi in pied i. Ilo la gola ehe m'ar·de. )li pongo le tiCarpe, che, accanto al fuoco, sono din•nwtc tese come se fosse ro di ferro. Mi infi lo i pan taloni ,. l:\ camicia il tutto umido ancora. Ed, in punta di piedi, calpc·stnndo ora una gamba, ora un piede, mi avvio a lla pcrta. l'a,sando acean to alle barel le urto un bracc io c he ò sporto fuori. Il o l'impressione che qualcuno mi trattenga con la mano. llli volto e vedo, iner tr, stecchito, con il volto vcrdognolo sotto l'incerto guizzarr del fuoco, un g iovinetto che c·onobbi simpatico, ilar·e e serv izievole sempre. Ora ha gli oechi spalancati, terrorizzati ancora per l'abbmc·cio <!Pila mor·te e la bocc·a ('Ontorta dall'ultimo spasimo. [n lampo mi attraversa il ccn'ello. Si! pa rlava italiano. Ah, perdio ! Era il povero ferito che ch iedeva, per <'iU'i tà, una stilla d'aequa ~ Di fuori ò ancora notle ma ò più chiaro. Non <''ò tempo da perd~re. Bisogna rime tte rs i in marcia. Ora tutti si vestono in fretta. Sono alles titi i cavalli. Tm poco si r iguaderà il fiume. II generale è in pit'di fuor i della casa. Passandog li \· icino ho udit<:l che pnrluva placitlamen te, eon dti g li era l!rot·no, dPlla ... prossima campagna!
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