Giacomo Debenedetti - Otto ebrei

compagni, a farsi proteggere, lui così spaesato e inesperto, da quell'ahbo-zzo di amicizia. Ingenuo, patetico, quasi. Più tadi, a un posto di bloeco, venimmo a !apere che l'ingenuo era un giovane funzionario della Questura, _di ritorno da una hre- .ve licenza nella nativa Palermo. Improvvisa metamo·rfosi di tutto il tipo. E' inutile, il « così è se vi pare » rimane sempre una grande trovata psicologica: e la Sicilia non cessa di d~re ragione al suo Pirandello. Dunque, tutto il capzioso gioco di indagini, di domande, di investigazioni, da parte di quel personaggio così in cerca d'autore, non era che un allenamento agli interrogatori futuri, volonta_ria propedeutica all'arte di tirare i vermi dal naso del prossimo, es-ercizi sulle cinque note per quando, seduto dietro il monumentale clavicembalo della sua scrivania di Questore, gli toccherà di eseguire le più virtuosistiche introduzioni, i più lisztiani accompagnamenti per « far cantare >> il pollo. In particolare, poi, quasi che le nostre facce fossero altrettanti specchi, l'uomo vi studiava gli effetti di certe espressioni mimiche, di un · certo, tipo di guardatura in tralice, come da oltre le lenti di inesistenti cchiali: uno sguardo connivente e furbesco, mite a un tempo e accusatore, uno sgu'ir_do che pareva dire: « sbottònati, a che pro nasconderci l'un l'altro? >>. Quando il nostro turno giunse, e noi senza ambagi gli declinammo il nostro nome, quel giovane e passionato domenicano della inquisizione poliziesca, quel futuro ripopolatore dei carceri d'lta30 Biblioteca Gino Bianco

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