Giacomo Debenedetti - Otto ebrei

lia, ebbe un balzo trionfale, come quando, nei lu- , mìnosi giorni della sua carriera, la sventata risposta di un malcapitato· gli permetterà di saldare fulmineamente una faticosa catena di induzioni, di conchiudere in u~ attimo, con un colpo di scena, una serie di indagini che si annunziava lunga e penosa; di scoprire nel testimonio un reo, di stringere a un tratto l'inerte congerie delle prove in una accusa lampante. Proruppe: cc Deben!Jdetti? ebreo?! ». E immediatamente quello sguardo professionale, da .dietro occhiali inesistenti, varcando dì sotto in su l'arco ciliare, ci dardeggiò di sghembo, e condensava un tumultuoso accavallarsi di sottintesi, di illazioni, di involontarie e quasi ripugnate complicità, ·di scontrose indulgenze: cc Ah, per questa volta ce l'hai fatta - esclamò quello sguardo - ma ringrazia l'amnisti a. Vattene, vecchia volpe, e bada di non ricaderci, l'aria del vigilato speciale non te la toglie nemmeno Domeneddio >>. Ci parrebbe di essere cattivi, se aggiungessimo che• in 'quell'occhiata tniscorse anche una sfumatura, un pizzico, un nonnulla di rimpianto: cc Però se niente niente ti avessimo colto, così in flagrante, qualche mese fa! >>• . . Non è moralmente vero, non è plausibile, che la revopa di un ordine diventi ipso facto una revoca dell'abitudine di eseguirlo. Il nuovo ordine ha bisogno di maturare per farsi ordine nuovo. E nessuno pre •ende che il mondo, questo mondo che è stato reato in sette giorni, si modifichi in un' o : se no, come credere che un'altra .ora non 31 Biblioteca Gino Bianco

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