Volontà - anno XX - n.8-9 - agosto-settembre 1967

Il soggetto della storia I L SOGGETTO della storia non è l'individuo isolatamente pre– so; diciamo con più precisione che la storia la fanno gli uomini in rappor– to tra di loro. Quindi la storia può esser concepila come un dinamismo (non bisogna dimenticare la dimen– sione tempo) scaturente dai rapporti interumani. Si potrebbe obbiellare che così non s'è detto niente di più e niente di meno che se si fosse accettata la definizione della storia come opera dell'individuo. Non è così purtrop– po. Sarebbe bello (ed è troppo inge– nuo) pensare ai singoli individui co– me produttori cli un co:·so storico che es.si predeterminano con le loro in– tenzioni e le loro volizioni, che essi anticipano coi loro des1deri, sì che si potesse coincidere con Shakespeare nell'affermare che la trama della real– til è intessuta del filo dei noslri so– gni. Ciò dipende dal fatto che non tut– ti gli individui, una volta immPssi nel circolo uno-molti, restano indi– vidui. L'individualità o personalità è una qualità che riesce inconcepi– bile al cli qua o al di fuori del rap– porto con quell'altro da noi (socie– tà, mondo, paesaggio o circostanza che dir si voglia) al quale dobbiamo ricorrere se vogliamo cogliere una definizione non ulopica di noi stessi. Però il rischio che si corre in tale rapporto è cosi grande che talora si rimane schiacciati. e non conta più l'individuo come membro della so– cietà, anche se è nella società ed è società. Cli Ebrei nel deserto chiedevano a Mosè: « Dacci la legge, dacci la legge». Al costituir.si di una società, assi– stiamo ad un curioso fenomeno che per certi aspetti potrebbe riuscire u– lile; la società porla seco quale ine– liminabile essenza sua la scissione dei societari in due gruppi più o meno numerosi ma comunque di funzione antagonica: quelli che comandano e quelli che sono comandati. Questa divisione rispecchia una realtà obiet– tiva che è di capitale importanza te– ner pre:sente, quando si vuole avere una visione chiara dei fatti storici. In un gruppo cli persone ci sono rnmpre i temperamenti più attivi e quelli meno attivi o addiritlura a– rncrfi; il che non qualifica ipso facto moralmente le personalità più spic– cate, sibbene riconosce una realtà di fatto. Questi individui o con la forza del proprio ascendente, o con la in– traprendenza del ben fare o del mal fare finiscono con l'imporsi sugli al– tri. Questa con.siderazione va natu– ralmente integrata con l'altra che ta– le imposizione non sarebbe possibile se non vi fosse un terreno previamen– te predisposto ad 'alienar.si' . N::itu– rn.lmcnte questo schema sulla stnil– tura della società va corretto tenen– do presenti le varie situazioni stori– che \'umanità ha attraversato. Infat– ti una dislinzione sociale contro cui io non avrei nul!a da obbiellare po· trebbe basarsi sulla gerarchizzazio– ne spontanea del:a sociel~l secondo i meriti e le capacità di ogni singolo individuo. C'è gente che non riusci- 503

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