Volontà - anno XX - n.4 - aprile 1967

Quasi una recensione "O CRIME DO PADRE AMARO,, J. M. DE EçA DE QUEIROZ C l-I IEDERSI ~rchè il romanz? di sopra non sia tanto conosc1uto e popolare come per esempio l'altro alquanto somigliante di E. Zola « li fallo dell'Abate Mourct •, credo sia va– no al tendersi una risposta soddisfa• ccntc. Forse la prossimità dc! mondo e del– la cultura francese, forse la perfezione dello stile zoliano unita alla profondità di conoscenza tlegli uomini, dell'am– blcntç, delle cause ed effetti sociali, ma ~enza forse l'Anc del grande scrit– ton.:, può determinare il ~ucccsso della opcrn. Tuttavia l'autore portoghl!SC, vissuto dal 1845 al 1900, non è, almeno a mio avvi,;o, inferiore al maestro della scuo– la verista. Il rnmanzo, come genere letterario, non può dirsi certo un buon prodotto, salvo beninteso per quei non molto nu– merosi scrittori che sono assurti alla ca1cgoria di stelle di prima grandezza. Veri gcnii, come il nominato Zola, Hu– go, Balzac, France e il grandissimo Tol– stoi. rurono elci \'Cri combattenti contro J'oscllrantismo e l'ignoranza umana, pi:.111aforma di tutte le ingiustizie so– dali. Questi e pochi allri rurono « ro– manzieri• per necessità di \'aria na• tura. ma forse poterono in lai modo pene1rare in più larghi s1ra1i di lct– lOri. il che non ~arcbbc avvenuto se i loro profondi pensieri si fossero ma– nifos!ati nelle forme del saggio scien– tifico, del discorso filo~ofico e anche, st· vogliamo, del poema. Salvo per le opere dei detti romanzie– ri, il romanzo è raramente, anzi quast mai, apportatore di messaggi o risve– gliatore di sentimenti di dignità e ri– \'Olta nelle masse dei lettori; quasi sempre mero diletto, ricreazione quan– do lo si prende alla leggera. Quando poi viene preso sul serio, allora divie– ne desiderio morboso di vivere una vi1a non propria, <li entrare in un cer– io senso, in un mondo di avventure ~cnza esporsi ai pericoli, al pari di uno spettatore al cinema. Tu110 qui per non dire di lul!e quelle montagne dì romanzi squallidi. abomine\loli per lingua, nauseabondi per fantasia (ma quale? ...) insana e rivelante l'ebetismo degli autori (e dei le11ori) di cui è assai bello il tacere. Ma torniamo :>I romanzo in oggetto. La similitudine del litolo « La colpa di D011 Amaro,. con il noto racconto zoliano, e TI fallo dell'Abate Mouret •· non ha alcuna importanza. Non si trat– la nè di plagio e r.cppur d'imitazione. Pare anzi che l'opera dello scri11ore portoghese sia anteriore, di qualche anno, alla pubblicazione del romanzo di Zola. E non :-.ivuole certo, con ciò, in\lcrtire le parti. lasciando supporr-~ che lo Zola si '-ia i:,pirato al lavoro del Dc Queiroz. ~.trcbbe \'ano accadc– mi,;mo come il r=chiamarsi alla not.l questione se quando il Foscolo com– pose il suo « Jacopo Ortis » avesse co– g.ni ,ione del «\Verter,. di Goethe. Le coincirli.!nze trn gn:mdi scriuori sono antiche quanto rarte delle lettere e 219

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