Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967

"Il buono, il brutto, il cattivo,, Anch~ quest ·anno Sergio Leone ci ha regalato il suo orniai consueto western annuale e, come negli rurni precedenti, il oubblico sembra volergli decretare un grosso successo. Prescindendo da qual– siasi etica, non Possiamo dar torto a chi. preferendo i westerns di Leone agli altri, nostrani o no, dimostra una certa matu– rità estetica (sulla cui coscienza è pur lecito dubitare). Ciò che differenzia questo regista da– gli altri che trauano lo stesso genere, è soprattutto l'aver immerso le sue vicen– de in una dimensione figurativa molto più suggestiva di quella realista (o vici– na ad essa): i paesaggi. gli ambienti dei suoi films ricordano moltissimo, ad e– sempio, la pillura mdafjsica di Dc Chi– rico con quelle strade e quelle piazze immcrs~ in un alone di sogno e su cui grava una sospensione angosciosa e cosl i personaggi e le vict!nde, pur sfiorati ,h, una lu(!! ironica, ·sono possedut~ da un delirio quasi onirico che li sottrae al ridicolo e li rende maggiormente sug– gestivi. Uno dei difetti dc «Il buono, il brutto, il caltivo» consiste appunto in un mo– mcntar.eo smarrimento nel realismo (l'e• pi,;;odio del capitano umanitario, l'unico verameritc realistico del film) che inter– rompe i'l maniera fastidiosa l'unità stili– stica dell'opera. Da un punto di vista for– male (e, naturalmente, anche etico) è inaccettabile anche l'interminabile "pe– staggio• del brutto da pane del cattivo: sì tratt:1 di una situazione vista e rivista fino all'esaurimento delle possobilità di sopport<lzione e !'insistcn 1 i per tanti mi- 190 nuti è quanto di più deteriore si possa fare. Sul piano etico il discorso sui films di Sergio Leone cambia totalmente: per quanto confinato in una dimensione ir– reale, l'economicismo dei protagonisti anche in questa ultima opera i perso– naggi principali si dilaniano tra loro per motivi pecuniari: si tnitta questa volta di una caccia al tesoro sullo sfondo della Guerra di Secessione è inaccetta– bile perchè antiumano e antiscientifico e inaccettabile è soprattutto l'indugiare (che in ultima analisi è poi compiaciu– to) nelle scene di violenza perchè questo conduce all'assuefazione nei confronti del– le peggiori csprc,;;sioni del comportamen– to umano. Noi non im•ochiamo interventi censori pcrchè essi ci ripugnano, ma sug gcriamo agli spettatori di disertare que– ste specie di messe sadiche. Nei films di Leone è stato messo al bando l'ero:: senza macchia e senza pau– ra che con la sua mancanza di chiaro– scuri carattcrali (vi sono state poche lo– devoli eccezioni in questo senso) ci a– veva annoiai i per tanti anni, ma questo eroe noioso è stato sostituito con dei robots che funzionano a dollari, anche se questi mostri ci vengono serviti su piatti preziosi (come nel caso in que– stione), noi non possiamo che espd– mcrc iJ nostro più assoluto dissenso umanistico. « La lunga marcia» Alcxaudre Astruc, il giovane critico.re – gista francese di cui si ricorderà «Una vita», pregevole trasposizione dell'omoni– mo romanzo di Guy Dc Maupassant, tor– na agli schermi con un film sulla Resi– stenza. «La lunga marcia» affronta un tema num•o nel genere: quello dei conflitti

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