Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967

un'età x fino agli ottuagenari, anche co– loro che giovani non sono m~i stati, se non anagraficamente), si riflette anche fra gli stessi anarchici, con più vivaci– tà, schiettezza e insofferenza, di quanto non avvenga all'interno dei partiti poli– tici o della società oorghese, perchè gli anarchici non hanno tabù da conservare nè interessi economici da coltivare nè strutture famigliarLreligiose-nazionaliste_ ra.zzl.sl.e, da tenere in piedi. Enrico, il protagonista dell'Interessan– te libro di Ettore Luzzatto, può essere assunto ad archetipo di una condizione diffusa comune agli adolescenti d'oggi, nel rifiuto del valori presentati e avallati dai padri o dai maestri, ma nell'incapacità di clabomrne di nuovi, propri e originali, una volta deposta l'arma della violenza (I\ coltello) che gli uomini solitamente impugnano quando non hanno una ri- sposta a misura umana, in un dialogo ci– vile. L'angolo visuale dal quale si pone Car– lo Silvestro è quello dei giovani ribelli che oggi sono assunti agli onori della cro– naca (nera in Italia, viviamo in un pae. se di poliziotti e di preti) o dell'indagine sociologica (ribelli, pigri, disoccupati, ci– nesi, castristi anarchici, prodotti della società del benessere, chitarristi, op, pop, etc.), ma di cui sappiamo poco o nulla. Un angolo prospettico molto individua_ le, di fratellanza, di generazione, di iden. tità di aspirazioni. Già aprendo il dibat. tito sul libro di Ettore Luzzatto. avevamo esplicitamente accordato una libertà di opinioni e di punti di vista, che vengono confermati dagli interventi via via pub– blicati,. Ecco dunque che ne pensa di En– rico, il protagonista del libro, Carlo, poeta.beat. Un giovane scrittore si mette davanti alla macchina da scrivere e alla ricerca del tempo perduto, del tempo sognato, scrive la storia di un ragazzo, del ragazzo Enrico, facendoci pensare che è lui stesso il ragazzo Enrico, ma forse è solo un pretesto, un pretesto per un tuffo nell'ado– lescenza totale, nel tempo e nei problemi del tempo di quando lui stesso era adolescente turbato e nevrotico e insofferente come sono tutti gli adolescenti che crescono e mutano dallo stadio infantile allo stadio uo– mo, passando per pregiudizi-tabù-convenzioni-ipocrisie, e pure critici verso questo mondo, e un pò disgustati e in fondo in fondo anche col timore di diventare essi stessi uomini e parte dell'ingranaggio; cosi que– sto Enrico che sembra già un estraneo, già straniero, mentre invece è solo sconcertato, perchè non riconosce più i suoi modelli di comporta– mento, e questo proprio nel mom'ento in cui ne avrebbe più bisogno, nell'età della scoperta della propria sessualità e di quella degli altri. In questo momento, che è sempre quello di maggior confusione in in ogni adolescente, egli si trova diviso tra un padre assurdo ed estraneo che riesce a trovare un pò di autenticità e di dignità solo quando e ubriaco, ed il professore, che ha finito per cedere alle esigenze di un mondo borghese. • La vita di mio padre è una commedia dell'arte, il suo mondo è un mondo di maschere, lui vorrebbe che io ne facessi parte, ma io non sono una della sue maschere e nella sua commedia non c'è un atto o una scena in cui io possa entrare ... > così Enrico ha creato questa lace– rante frattura tra sè ed il mondo dei «vecchi> ponendosene fuori come un assurdo e disperato osservatore. Ma è uno straniero che non asso– miglia affatto a quello di Camlls; il Mersault di Camus era straniero « in sè > perchè portava dentro la dissociazione tra se stesso reale e se 164

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