Volontà - anno XIX- n.11 - novembre 1966

tal punto che l'individuo rifiuta di comunicare alla comunità ciò che pensa, ciò che scopre, e nega :ll!a società di giudicare i prnpri slanci creatori. Così si consuma questo di,,orzio che conduce l'indi\'icluo ad un orgoglioso isola• mento, ad un disprezzo dei giudizi della massa è di quelli del popolo. Se lo spinge ancora più lontano, piì.1 categorie.i.mente, può sfociare in una frattura più netta con la vita collettiva. Ma .:rnchc se ci si pone in queste posizioni est,·eme, quale senso potranno avcrl'. le nostre affermazioni, la no– stra attività creatrice, etc., se non ;:i.bbiamo in noi stes~i la convinzione intima e profonda che verrà un giorno in cui le nostre concezioni saranno accettate dagli altri, che il nostrn spirito creativo si propagherà nello spirito degli altri, che la nostra fede diventerà quella degli altri, cd all;:i. fine trionferà quella verità che attualmrnte è in noi? Siamo così più o meno coscienti in ogni nostra ~ttività del nostro valore non soltanto quale punto di vista personale ma altresì dal JJtmlo di vista collettivo. E' pos::.ibik che la nostra opera sia rigeWita dalla società attuale e sia anche condannata come nociva, ma nel nostro intimo persiste la credcn• za nel mutamento dell'opinione collettiva su detto ingiusto apprezzamento, o meglio in un migliore e pii, giusto apprezz~1mcnto del nostro valore da parte delle generazioni che vern:mno dopo di noi. 6 Ur'altra subordinazione ddl'individu,J alla società è egualmcn1c grave • di conseguenze "' resta anche il pili sovente incosciente. Quando la società limita sistematicamente la libertà delle nostre mani– festazioni, quélndo essa sostituisce i nostd scopi ai suoi, quando essa emana delle regole, spesso imponendole, la società atrofizza in certa misura la no– stra iniziativa personale e coltiva così nell'individuo un sentimento d'irre– sponsabilità. Ed è per ques1a limitazione e per questo condizionamento del– l'iniziativa personale che nasce nell'individuo il sentimento della rinunzia che lo spinge ad abdicare le sue responsabilità 11011 solamente dei suoi atti ma anche di quelli collettivi di cui è testimone e partecipe. La responsabilità vie– ne rimessa al partitQ, all'ambiente, a tutto il popolo. L'individuo ha l'im– pressione d'essere un giocattolo, un fantoccio senza volonlà, o più semplice– mente un cieco esecutore d'una certa volontà collettiva ed astratta. 7 Infine, in questa analisi di antinomie che separano la società e l'indi– a viduo, occorre anche includei-e questo fatto, di un carattere un pò par– ticolare e piuttosto metodologico ma che contiene una considerevole impar– tanza nella concezione individualista: la mancanza di profonda realtà della società in quanto tale. La realtà evidente ç profonda è l'individuo. Soltanto l'individuo possiede un'esistenza morale autonoma la quale non può scaturire dall'ordine sociale. (continua) Al,.EXl;'.i I.IOROVOI 650

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